Il termine autarchia definisce, oltre al concetto di autosufficienza giuridica, ossia di autogoverno, quello di autosufficienza economica, chiamato anche "economia chiusa", in cui non sono presenti relazioni commerciali con l'estero e l'ecosistema economico nazionale non è influenzato dalle tendenze internazionali.
Il termine, nella memoria recente, riporta al periodo fascista.
Già, perchè tra il 1938 e il 1943, causa le sanzioni internazionali e l'avvicinarsi del conflitto, Mussolini attuò vere pratiche di autarchia.
I settori interessati furono numerosi, con successi (e insuccessi) più o meno conclamati.
Problemi cruciali di quel periodo erano l'energia (con una macchina produttiva che ne chiedeva sempre di più), i combustibili fossili, la cellulosa, i metalli, il legno, tutti importanti per gli armamenti, i trasporti e l'industria e scarsi o poco sfruttabili in territorio italiano.
Il governo cercò di ovviare sollecitando e finanziando la ricerca e lo sviluppo, i quali, aiutati dalla chimica, permisero la scoperta di nuovi materiali e migliorarono i processi produttivi; vennero inoltre creati enti appositi di monitoraggio e sviluppo, vennero istituiti giorni dedicati, nonchè riviste apposite, periodiche e specializzate (il tutto sarà le base per il futuro boom economico).
Importanti furono le lotte agli sprechi (non buttar via nulla), il riciclaggio, le produzioni di abiti e indumenti con prodotti vegetali coltivati interamente in Italia (canapa, seta, persino ginestra) e lo sviluppo delle energie rinnovabili (a quell'epoca risalgono le prime celle fotovoltaiche, i primi motori solari di estrazione dell'acqua dalle falde acquifere).
Insomma, nonostante le finalità totalmente sbagliate (guerra, espansionismo) e con un approcio assolutamente condannabile, tra razzismo e abusi, il quinquennio fascista rappresenta (involontariamente) il primo abbozzo di green economy.
L'attualità del tema autarchico è più che mai evidente.
Così se poi il boom economico conseguente al secondo conflitto mondiale ha fatto dimenticare
i progetti "eco-sostenibili" appena accennati dal periodo fascista, essi ora tornano prepotentemente alla ribalta.
I tempi va detto sono cambiati.
In pochi anni il libero mercato e lo sviluppo tecnologico hanno permesso la produzione e la circolazione a prezzi irrisori di una quantità impensabile di merci (più o meno utili), con la conseguente invasione di plastica e nuovi rifiuti (basti guardare i bordi della strade, i prati, i boschi).
Conseguentemente l'approcio al tema è totalmente diverso. La riduzione della spesa e la massimizzazione del risparmio, al tempo per fini bellici, ora rientra nel contesto delle crisi economica e nella messa in discussione del sistema capitalista.
E il tema ambientale, solo contorno fino a qualche decennio fa, assume nuova grande importanza, causa l'avvicinarsi dell'esurimento dei comustibili fossili, l'effetto serra, il prosciugamento delle falde acquifere, l'inquinameno e lo scioglimento dei ghiacciai.
Il presente vede una concreta "nuova voglia" di autarchia.
I nuovi movimenti per il ridemsionamento dello stile di vita, per la decrescita, per un approcio più locale delle questioni economiche e ambientali e per l'autoproduzione energetica e alimentare sono il tentativo di messa in pratica in fatti di questa voglia.
"Osare più autarchia" è stato lo slogan dei dialoghi di Dobbiaco del 2009.
Nella località di Dobbiaco, punto d’incontro tra due culture, dal 1985 al 1999 i “Colloqui di Dobbiaco”, ideati e organizzati da Hans Glauber, affrontano ogni anno le tematiche ambientali di maggior rilievo, proponendo di pari passo delle proposte risolutive.
Col passare degli anni, i Colloqui di Dobbiaco si sono affermati come prestigioso laboratorio d’idee per una svolta ecologica nell’arco alpino e non solo. Dopo l’inattesa scomparsa di Hans, nell’aprile 2008, il ruolo di “curatore” dei Colloqui di Dobbiaco è stato assunto da Wolfgang Sachs.
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