Oltre alle abitudini, gli stili di vita, gli orari, le attività, l'abbigliamento, gli hobbies, l'industrializzazione e la conseguente globalizzazione hanno modificato radicalmente l'alimentazione.
La dieta tipicamente vegetale pre-industriale si è trasformata in prettamente animale, ricca soprattutto di grassi.
La dieta tipicamente vegetale pre-industriale si è trasformata in prettamente animale, ricca soprattutto di grassi.
L'alimentazione vegetale era invece ricca di carboidrati e fibre, quindi più salutare, meno calorica e più digeribile. Essa univa i prodotti dell'orto a quelli selvatici, assecondando le stagioni e le varie fioriture/fruttificazioni.
La natura selvatica era un componente importante dell'alimentazione. Non la fonte principale di nutrimento, ma complementare e completante.
Campi e boschi fornivano un gran numero di frutti, oggi relegati a sporadiche apparizioni nelle nostre tavole o in via di scomparsa.
Tanti, tanti esempi si possono fare.
In primis la frutta secca. Noci e nocciole erano costantemente sulle tavole e il loro consumo era regolare e molto utile al mantenimento della buona salute.
Poi la castagna, importata in Europa dopo la scoperta dell'America, e a lungo fonte importante di nutrimento come caldarrosta, bollita, o come farina.
I pinoli del pino silvestre sono un altro esempio, come le more (i mùron) del gelso, le fragoline di bosco, le more e i mirtilli dei rovi, i fichi.
Anche le castagne matte dell'ippocastano e le ghiande delle querce avevano un importante ruolo per l'alimentazione delle bestie o come integrazione della dieta alimentare in tempi difficili.
L'ultima considerazione è per i frutti delle piante poi diventate tipiche dei frutteti: uva, pesche, mele, pere, ciliegie, amarene, prugne,..nascono tutti come frutti di piante selvatiche, de-inselvatichite dall'opera dell'uomo. La loro coltivazione ha modificato le caratteristiche dei frutti, rendendoli più grossi e zuccherosi, meno ricchi di caratteristiche di pregio che solo la natura selvaggia sa dare..ma gli unici a essere presenti nelle nostre diete con continuità.
La natura selvatica era un componente importante dell'alimentazione. Non la fonte principale di nutrimento, ma complementare e completante.
Campi e boschi fornivano un gran numero di frutti, oggi relegati a sporadiche apparizioni nelle nostre tavole o in via di scomparsa.
Tanti, tanti esempi si possono fare.
In primis la frutta secca. Noci e nocciole erano costantemente sulle tavole e il loro consumo era regolare e molto utile al mantenimento della buona salute.
Poi la castagna, importata in Europa dopo la scoperta dell'America, e a lungo fonte importante di nutrimento come caldarrosta, bollita, o come farina.
I pinoli del pino silvestre sono un altro esempio, come le more (i mùron) del gelso, le fragoline di bosco, le more e i mirtilli dei rovi, i fichi.
Anche le castagne matte dell'ippocastano e le ghiande delle querce avevano un importante ruolo per l'alimentazione delle bestie o come integrazione della dieta alimentare in tempi difficili.
L'ultima considerazione è per i frutti delle piante poi diventate tipiche dei frutteti: uva, pesche, mele, pere, ciliegie, amarene, prugne,..nascono tutti come frutti di piante selvatiche, de-inselvatichite dall'opera dell'uomo. La loro coltivazione ha modificato le caratteristiche dei frutti, rendendoli più grossi e zuccherosi, meno ricchi di caratteristiche di pregio che solo la natura selvaggia sa dare..ma gli unici a essere presenti nelle nostre diete con continuità.
Questo è la storia.
Ora bisogna vedere quello che il destino riserverà.
Il petrolio sta avendo il suo picco (o lo ha già avuto), le miniere di fosfati non sono eterne, e le produzioni di fertillizzanti potrebbero non bastare. L'alimentazione in prevalenza animale, lusso e caratteristica della nostra era, è insostenibile e decisamente senza futuro.
Occorre vedere tempi e modi, ma la natura selvatica potrebbe tornare ad avere un peso.
Passato o futuro nella nostra dieta?
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