mercoledì 20 dicembre 2023

Creare un piccolo orto da un terreno a prato

L'orto, o meglio giardino, è il luogo destinato alla coltivazione di ortaggi, verdure e legumi.
È un laboratorio permanente, con gli obiettivi a lungo termine di migliorare la fertilità del terreno e autoprodursi cibi vegetali.

Sarà ubicato nel luogo più adatto (esposizione al sole, riparo dai venti, pendenza del terreno), con opportune aree interne di movimento, irrigazione e compostaggio.
È opportuno che l'area sia recintata per evitare l'ingresso di animali salvatici e munita di cancelletti per un ingresso agevole.


Le diverse aree nell'orto

Le aree destinate alla semina e coltivazione delle varie specie vegetali sono chiamate bancali, ovvero appezzamenti di pochi metri quadrati di terreno, appositamente studiati e mai calpestati.
Tra un bancale e l'altro ci sarà una zona di transizione (quindi calpestabile) su cui ci si muoverà.
Il bancale sarà leggermente sopraelevato da terra e ospiterà più colture in grado di supportarsi e aiutarsi tra loro. La semina potrà essere diretta (da seme) o via trapianto da vasetto (con piantine con già 3 o 4 foglie).

L'importante è considerare il terreno come in costante mutamento, auspicando e agevolando un continuo aumento della fertilità.


Il mio esperimento 

Nella piccola area adiacente alla casa in cui vivo ho trasformato in pochi mesi un piccolo terreno a prato in un orto.

Le fasi iniziali hanno previsto l'installazione della recinzione, con tondini e scarti di rete riciclata.
In seguito ho proceduto con la costruzione dei bancali. Avvalendomi di carta e materiale organico (letame di cavallo maturo e foglie/rami raccolti direttamente dal bosco) ho creato un primo strato, direttamente appoggiato all'erba.





Ho poi creato i viali di passaggio, scavando la terra e riversandola sui nuovi bancali. Ho tolto i sassi e frantumato le zolle, lasciando poi consolidare i nuovi substrati per qualche settimana. Ho fatto tutto nei mesi invernali, cercando di arrivare pronto per la semina del periodo primaverile.

L'ultimo step è stato la pacciamatura, ovvero la creazione di uno strato di erba secca sopra al bancale in grado di proteggere il terreno dall'erosione e dalle intemperie e mantenere l'umidità nella parte sottostante.


Dopo pochi mesi dalla semina si può notare la nascita delle prime colture (patate e pomodori) poi integrate dalla messa a dimora di bietole, zucchine, fagioli e cavoli.
Il bancale realizzato con il metodo della permacultura sinergica (ovvero coltura permanente) ha un rendimento maggiore rispetto all'orto con il metodo tradizionale, necessita di pochissima acqua d'irrigazione e resiste bene ai periodi estivi di siccità.
Il suolo sotto lo strato di pacciamatura è sempre umido e ricco di lombrichi. Inoltre la corretta consociazione dei vari elementi rafforza i rapporti tra le piante e stimola una forte e sana produzione vegetale.
In ultimo le colture alla fine del loro ciclo produttivo possono essere sostituite da nuove e vigorose, sempre nel rispetto delle distanze e della corretta consociazione.




Per ulteriori consigli o richieste di informazioni invito chiunque a scrivermi e sperimentare il metodo di cui ho scritto.
Anche con pochi metri quadrati a disposizione è possibile autoprodursi cibo e creare una piccola zona di benessere personale!

lunedì 11 dicembre 2023

Elogio dei carboidrati


I carboidrati sono dei macronutrienti insieme a lipidi e proteine.
Sono costituiti da carbonio ed acqua e si dividono in semplici e complessi

Carboidrati semplici

I carboidrati semplici sono chiamati genericamente zuccheri. Forniscono al corpo energia immediata e spendibile, dando un picco glicemico elevato.
Tra questi troviamo:
  • Monosaccaridi: glucosio (lo zucchero più comune e diffuso) fruttosio (presente in frutta e verdura) e galattosio (fa parte degli zuccheri del latte).
  • Disaccaridi: saccarosio (comune zucchero da cucina), maltosio (si trova nella birra e nei cereali) e lattosio (lo zucchero del latte).
  • Oligosaccaridi: maltodestrine (usate spesso come integratori)

Carboidrati complessi

Si definiscono complessi invece tutti i carboidrati composti da catene lunghe di unità monosaccaridiche.
Sono metabolizzati con tempi più lunghi poichè devono essere scissi nelle singole unità. Spesso sono impiegati come zuccheri di riserva.
Di questo gruppo fanno parte quindi i polisaccaridi e sono:
  • L’amido (zucchero presente nei vegetali).
  • Le fibre (zucchero strutturale delle piante).
  • Il glicogeno (fonte di riserva degli animali e dunque anche dell’uomo. Lo troviamo depositato a livello di muscoli, fegato e rene).
Circa la metà di tutta l’energia necessaria all’organismo passa attraverso i carboidrati.


Funzioni dei carboidrati

L’assimilazione di questi macronutrienti inizia già dalla bocca, dove la saliva consente la scomposizione delle strutture complesse. A questo punto possono essere utilizzati per vari scopi.
Si rendono disponibili per le cellule come fonte energetica. In particolar modo i globuli rossi e il cervello ne richiedono grandi quantità giornaliere.
Si accumulano come glicogeno di riserva.
Vengono convertiti in grasso qualora siano presenti in eccesso rispetto alle richieste.
Qualora ve ne fosse bisogno, il corpo comunque è in grado di convertire il glucosio a partire da aminoacidi e lipidi.


Elogio dei carboidrati

L’organismo umano è predisposto al consumo di zuccheri più che di proteine
In un organismo sano e attivo i carboidrati rappresentano il modo migliore per ottenere l’energia che serve allo svolgimento di tutte le funzioni fisiologiche e delle attività quotidiane.
Il nostro metabolismo infatti ha una via preferenziale per l’utilizzo degli zuccheri rispetto alle proteine, le quali per essere impiegate a scopo energetico vanno trasformate proprio in zuccheri.

I migliori carboidrati sono quelli naturali della frutta, ottimi tutti quelli integrali dei cereali. 
Da evitare assolutamente invece quelli raffinati dello zucchero bianco. Ma anche lo zucchero di canna chiaro e tutti i prodotti preparati con farine bianche.


Fonte

https://www.google.com/amp/s/www.tuttogreen.it/elogio-ai-carboidrati/amp/

giovedì 30 novembre 2023

La teoria dell'insensibilità delle piante di Aristotele. Una dura zavorra, da digerire e smaltire.


Le piante sono esseri viventi insensibili? Privi di reazioni agli stimoli esterni, quali luce, campo magnetico e suoni?
Per lungo tempo una delle teorie dominanti, se non la teoria dominante sul tema, è andata in questa direzione.
L'autore è Aristotele, il "padre della scienza".
Nella sua opera De plantis (l’originale greco dell’opera è perduto), in contrasto con Platone, scrive: 
«La teoria di Platone secondo cui le piante hanno sensazioni e desideri è certo sorprendente, ma non aberrante; per Anassagora, Democrito ed Empedocle esse hanno anche una mente capace di conoscere. 
Noi riteniamo erronee queste teorie, le respingiamo e vogliamo dedicarci ad un sano ragionamento. 
Affermiamo così che le piante non hanno né desiderio né sensazioni, poiché il desiderio non esiste senza la sensazione, e il fine di ciò che vogliamo cambia in relazione alle sensazioni che si hanno. 
Ora, nelle piante non troviamo né la sensazione, né una parte capace di percepire, o qualcosa di somigliante, né una forma determinata, o qualcosa che vi sia prossima, né movimento, né un modo per avvicinarsi all’oggetto percepibile, né un indizio per cui si possa ritenere che esse posseggano la sensazione, e che corrisponda a quei segni per cui sappiamo e constatiamo che le piante si nutrono e crescono».

Secondo Aristotele in problema sta nel fatto che le piante non possiedono capacità percettive.
Egli aggiunge: 
«la capacità di percepire rappresenta il principio comune della vita animale: l’inanimato non ha anima né alcuna sua parte; la pianta, invece, non è tra gli esseri che mancano di anima, perché ne possiede una parte, nemmeno però è un animale, perché non ha facoltà percettiva».


L'influenza della teoria aristotelica 

La teoria di Aristotele ha influenzato il mondo scientifico per 2000 anni e ci ha lasciato in eredità il concetto antropocentrico della superiorità del mondo animale verso quello vegetale e, infine, dell'uomo come essere dotato di qualità uniche.

La storia dimostra però che gli individui vegetali sono stati in grado nel corso della storia di sopravvivere, adeguarsi e evolversi nei contesti più disparati e difficili.
Essi rappresentano il 99,5% della biomassa del nostro pianeta. Una percentuale altissima, che dovrebbe dimostrarci fin da subito le grandi capacità di sensibilità e adattamento. Di tutto quello che è vivo sul nostro pianeta, gli animali rappresentano (in peso) un piccolo 0,5%.


Semplicemente altre caratteristiche, molto più affinate e consolidate delle nostre

Le piante, fra 400 milioni e un miliardo di anni fa, decisero di non spostarsi, ottenendo tutta l’energia necessaria per sopravvivere dal sole attraverso la fotosintesi e adattando il proprio corpo alla predazione e agli altri innumerevoli vincoli derivanti dall’essere sessili. 
Le piante evolsero l'abilità di avvertire con grande anticipazione il più piccolo cambiamento nell’ambiente. Esse sono in grado di sentire anche un elevato numero di parametri (campi magnetici, elettrici, chimici) che non sono normalmente percepiti dagli animali. 
Con tale superiore sensibilità, le piante sono in grado di modificarsi, adattandosi alle nuove condizioni. Questo grazie alle specifiche caratteristiche della loro struttura.

Il punto è che il "corpo" delle piante non ha nulla a che vedere con quello degli animali.
Le cellule vegetali, in primis, hanno la parete cellulare che le differenzia totalmente da quelle animali, che protegge e permette la costruzione di apparati molto evoluti e funzionali (libro, legno, corteccia, etc).

lunedì 27 novembre 2023

Il divieto di pubblicità della carne nei Paesi Bassi


I Paesi Bassi si affermano come capofila europeo nella rivoluzione contro l'abuso della carne.
Diverse città hanno infatti vietato la pubblicità della carne.

Utrecht è l'ultima città in Olanda ad approvare il divieto di fare pubblicità per la carne e i prodotti derivati: la misura potrebbe diventare nazionale.
In un’iniziativa che riflette la crescente preoccupazione per la salute e l’ambiente, Utrecht è diventata l’ultima città olandese a bandire la pubblicità dei prodotti a base di carne dai propri spazi pubblicitari. La decisione segue un divieto simile adottato l’anno scorso dalla città di Bloemendaal e la discussione in corso in altre aree, tra cui Zwolle, Haarlem, Amsterdam e la provincia di Noord-Holland.


La motivazione

La motivazione fornita dall’amministrazione comunale è duplice. Da una parte c’è l’impatto negativo che l’eccessivo consumo di carne ha sulla salute dei cittadini, dall’altro la necessità di contrastare il cambiamento climatico.

Utrecht ha già dimostrato il suo impegno sociale adottando divieti simili sulla pubblicità dei combustibili fossili per auto in passato. La città ha deciso di estendere la sua visione ecologica includendo la carne tra i prodotti vietati.

La decisione del comune si applica solo ai cartelloni pubblicitari di proprietà delle autorità locale, circa 850 spazi in tutto il territorio cittadino. Questa iniziativa, che riprende quelle di altre città dei Paesi Bassi, potrebbe essere il precursore di una tendenza più ampia verso politiche più restrittive nei confronti di prodotti non sostenibili.


La lotta dei Paesi Bassi alle emissioni degli allevamenti di carne

L’ordinanza si inquadra infatti in un contesto più ampio di cambiamenti nelle politiche europee riguardo all’agricoltura. Il ministro olandese dell’Agricoltura, della Natura e della Qualità del cibo Piet Adema ha recentemente dichiarato che l’Unione Europea non dovrebbe fornire sussidi per la produzione di carne, ma dovrebbe piuttosto concentrarsi su prodotti salutari e che non danneggiano l’ambiente.

Nonostante l’iniziale scetticismo degli allevatori, in realtà, non si sono levate particolari proteste dall’industria della carne. I Paesi Bassi mirano alla conversione della filiera verso prodotti plant based o verso la carne coltivata, da noi chiamata “carne sintetica” e bandita proprio sulla spinta di associazioni di categoria come Coldiretti. Si tratta di un business mondiale da 25 miliardi di dollari.


Sempre meno carne nei Paesi Bassi?

Mentre la Commissione Europea discute sull’allocazione futura dei sussidi all’agricoltura, la situazione olandese potrebbe anticipare un cambio di paradigma nel modo in cui la carne è promossa e consumata in tutta Europa.

La recente diminuzione delle vendite di prodotti a base di carne nei Paesi Bassi, insieme all’incremento del mercato plant based suggerisce che la coscienza ambientale e le preferenze dei consumatori stanno influenzando le abitudini alimentari in modo significativo. Resta da vedere se altri Paesi comunitari seguiranno l’esempio olandese, con la trasformazione dei divieti della carne in una tendenza dell’intero continente.

Il tempo per fermare il cambiamento climatico sta finendo e i numeri sull’utilizzo delle risorse e del suolo per gli allevamenti sono ormai noti a tutti. Una dieta vegana o che preveda meno prodotti di origine alimentare può rappresentare un punto di partenza per limitare l’impatto dell’uomo sul Pianeta, ma un cambio di abitudini prevede anche il supporto alla transizione di piccole e grandi realtà, per evitare la perdita di milioni di posti di lavoro.


Fonte

https://quifinanza.it/economia/carne-bandita-pubblicita-stop-olanda-utrecht/767504/amp/

sabato 25 novembre 2023

Le sette sfide della sostenibilità del cibo, by Sharon Cittone

Sharon Cittone è tra le ospiti eccellenti del Women Economic Forum.
Gli argomenti trattati sono stati relativi a carne coltivata, grani antichi e nuove tecnologie.
Cittone propone 7 grandi sfide del futuro del cibo per un mondo più sostenibile, facendo la premessa che pochi consumatori sono consapevoli che il settore agroalimentari incide per circa un terzo sul cambiamento climatico.


1. La carne coltivata


«La questione più importante per un pianeta con una popolazione in crescita e una richiesta di carne in aumento è quella delle proteine complementari e alternative. E la carne coltivata è una soluzione che solo una politica miope può non vedere», spiega Cittone. 

Va ricordato che la carne sintetica e costituita da proteine sintetiche «lavorate in laboratorio senza aggiunta di antibiotici, quindi il meglio che si possa desiderare».


2. Meno allevamenti intensivi


È la concorrenza degli allevamenti intensivi che va combattuta. Quelli a cui sono destinati i foraggi prodotti sul 60% delle terre coltivabili nel mondo. Tanto è il consumo di suolo destinato a nutrire gli animali allevati in batteria. «Considerate che cosa state mangiando: cercate le immagini di un pollo di 50 anni fa e confrontatelo con il pollo com’è oggi. Scoprirete di nutrirvi con dei polli Schwarzenegger, con enormi pettorali, che del pollo hanno pochissimo.


3. Le eccellenze italiane

La carne coltivata non fa concorrenza alle eccellenze. «Anzi, l’allevatore di razza Chianina o la carne prodotta in malga saranno meglio tutelati, proprio in quanto eccellenze italiane. È giusto spendere di più per mangiare meno carne, se è buona e sana».

Ma gli investimenti sui prodotti italiani devono essere coerenti, rispondere a una visione d’insieme. «Non è possibile pagare un ananas un quarto di una mela trentina: il consumatore può darsi torni a casa contento ma il sistema che gli ha proposto questa scelta è sbagliato».


4. L’agricoltura rigenerativa

«Significa, in parte, tornare alla saggezza dei nostri nonni. In parte, innovare. Il futuro del cibo è nell’agricoltura biologica ma anche rigenerativa: quella che punta a salvaguardare il microbioma, rigenerando il suolo. Solo in questo modo torneremo ad avere arance che sanno di arance, e mele di mele, con le proprietà nutrizionali che oggi presumiamo abbiano ma non hanno più», spiega Cittone.

Bando, dunque, allo sfruttamento intensivo del suolo e alle monoculture destinate agli allevamenti. Un’agricoltura buona e rigenerativa è quella che aumenta la biodiversità delle specie vegetali e di quelle microbiche, che integra gli animali e le piante nell’azienda agricola e che consente anche alla terra di riposare.


5. La biodiversità

Nel corso della storia umana, su circa 30.000 specie di piante commestibili, “solo” 6/7mila sono state coltivate a scopo alimentare. E di queste “solo” 170 su scala commercialmente significativa. Ma oggi dipendiamo fortemente solo da una trentina di queste colture. E più del 40% delle nostre calorie giornaliere provengono da solo tre di quelle 30mila: riso, grano e mais. Il fatto che migliaia di colture siano state trascurate o sottoutilizzate non è solo un peccato per tutti i sapori e i nutrienti che ci stiamo perdendo, ma anche per l’agricoltura stessa. Se sono state “trascurate” è magari perché hanno rese basse o semplicemente non sono stati ben studiate e non sono mai entrati nel mercato globale. Sostenute dalle politiche e dai finanziamenti giusti, potrebbero rinascere.

«L’Italia è, in questo senso, un caso scuola: ha una biodiversità unica. Dai grani antichi alle mele: la varietà di alimenti a disposizione per creare una dieta sana e ricca è enorme», spiega Cittone. Prendiamo i legumi: Slow Food ne ha inclusi 300 a bordo della sua Arca del Gusto, di cui 124 in Italia, e ben 48 legumi in Italia sono Presìdi Slow Food. Oppure le olive: In Italia ci sono oltre 538 varietà di alberi di olivo, che producono olive da olio.


6. La filiera

Tra le sfide del futuro del cibo c’è anche una nuova attenzione alla filiera. «Significa chiedersi e pretendere di sapere da dove viene il cibo che si porta in tavola. Sia la carne coltivata, la bistecca di Chianina, l’ananas o il piatto di pasta. Quando sull’etichetta leggete un’ingrediente che fate fatica a pronunciare, non comprate quel prodotto. Stop», dice Cittone.


7. Lo spreco alimentare

«Lo spreco alimentare lungo tutta la filiera è un altro tema importante, con un impatto esorbitante sul portafoglio e sulla salute», conclude Cittone. «Ma un tema decisivo è anche l’impatto degli imballaggi. Compresi i cosiddetti sacchettini biodegradabili, che biodegrabili non sono affatto. Ogni nostra scelta è decisiva: proviamo allora a pesare la nostra zucchina senza sacchetto e a mettere l’etichetta su quella. Cambiare le cose dal basso è possibile».


Qualcosa in più su Sharon Cittone


Indicata da Forbes tra le donne più potenti al mondo che plasmeranno il futuro del cibo, Ciccone ha lavorato nella comunicazione, per poi decidere - in tempi in cui questi argomenti erano ancora senza voce - di approfondire i temi della sostenibilità e dell’innovazione nell’agroalimentare. 
È impegnata nell’empowerment femminile, è parte - tra le altre cariche - dell’advisory board del World Food Programme Italia, e del Global Chair for Food Innovation del G100, una rete internazionale di più di cinquanta donne leader. «I miei interessi - dice - sono questi: il cibo, la sostenibilità, e le donne.


Fonti

https://www.iodonna.it/benessere/diete-alimentazione/2023/11/20/carne-coltivata-grani-antichi-nuove-tecnologie-il-futuro-del-cibo-secondo-sharon-cittone/

https://www.vanityfair.it/article/sharon-cittone-summit-umbria-edible-planet-16-19-settembre-sostenibilita-sistema-cibo

giovedì 23 novembre 2023

Le piante apprendono e ricordano, proprio come noi!

Una grande domanda che si fanno gli amanti della natura e della scienza è la seguente: le piante possono apprendere come fanno gli animali? 
In aiuto viene l'ecologa Monica Gagliano, autrice del libro "Così 'parlò la pianta", in cui narra di un esperimento in grado di dare la risposta alla domanda.


L'esperimento di Monica Gagliano

La dottoressa Gagliano, in collaborazione con il collega Stefano Mancuso, servendosi di mimosa pudica, ha costruito un apparato che consentiva di sottoporre i vasi a cadute controllate, da un'altezza di circa quindici centimetri, che non causavano alcun danno alla pianta. 
«Abbiamo così verificato che le piante, che inizialmente chiudevano le foglie a causa di questa sollecitazione esterna – continua Gagliano – dopo un certo numero di ripetizioni non le chiudevano più. La caduta infatti non aveva conseguenze pericolose, e chiudere le foglie è energeticamente dispendioso, per cui quando la pianta impara a riconoscere lo stimolo, evita di sprecare energia per difendersi da esso. Ripetendo a distanza di tempo queste cadute, abbiamo anche verificato che le piante ricordano quello che hanno appreso e riconoscono lo stimolo per un lungo periodo, che arriva fino a trenta giorni». 
Le piante insomma imparano e ricordano.

Sulla domanda "Cosa accade?" Gagliano aggiunge: «Ancora non lo sappiamo, ma del resto non l'abbiamo capito neanche per gli animali e per l'uomo. Anzi, una delle teorie più interessanti è quella che ipotizza per l'uomo la presenza di una memoria distribuita. Quindi di una memoria non basata sul solo cervello, ma che risiede anche in altre parti del corpo. Se questa teoria fosse verificata, dimostrerebbe che da questo punto di vista siamo esattamente come le piante». 
Un'ipotesi, quella di una marcata somiglianza tra l'uomo e le piante, che non incontra affatto favori: «Quando inizi a chiederti se le piante apprendono o ricordano, in ambito accademico la maggior parte delle persone si mettono a ridere, o proprio non ti salutano più. La storia dell'articolo sul nostro esperimento è emblematica: prima di essere pubblicato da "Oecologia", è stato rifiutato da ben tredici riviste internazionali. La maggior parte però non l'ha neanche mandato in revisione, quindi non ha neanche considerato l'idea di farlo valutare in modo scientifico. Una addirittura l'ha mandato a uno psicologo! Nessun commento sui dati: le risposte che ricevevamo contestavano tutte un presunto antropomorfismo della ricerca, e l'uso del termine "apprendimento". Se lo avessimo eliminato, avremmo pubblicato l'articolo due anni fa e su riviste ancora più prestigiose. Ma quello era il punto di partenza del nostro lavoro: se i criteri di investigazione sono comuni e se la pianta soddisfa lo stesso criterio di un animale, non è necessario inventare termini nuovi per descrivere lo stesso processo. Si tratta sempre di apprendimento».


La Mimosa pudica


È una pianta perenne con fusto semilegnoso, i cui rami dotati di spine, soprattutto quelli più prossimi alle radici, tendono ad uno sviluppo sempre più legnoso con l'avanzare dell'età della pianta. 
Forma piccoli arbusti che possono raggiungere 1 metro di altezza, sebbene comunemente non superino i 15–45 cm. Le foglie sono paripennate, composte da 12-25 paia di foglioline, dal colore verde acceso.
Una caratteristica immediatamente evidente di questa pianta è la contrazione immediata delle sue foglie al minimo stimolo tattile, che causa anche un abbassamento dei rami più sottili. Questo movimento è definito tigmonastia.
Il meccanismo si presenta ottimale come difesa contro i predatori che al ripiegarsi delle foglie si ritroveranno di fronte a una pianta apparentemente marcia, ma è anche funzionale alla limitazione di perdita di liquidi utili durante le ore di caldo eccessivo o per proteggersi dal vento riducendo la superficie esposta.


Chi è Monica Gagliano


Monica Gagliano (nata nel 1976) è un'ecologa nota per aver ampliato il campo della ricerca biologica all'intelligenza delle piante .
Gagliano è professore associato di ricerca nel campo dell'ecologia evolutiva presso la Southern Cross University di Lismore, in Australia , dove dirige il laboratorio di Intelligenza Biologica. 
È ex membro dell'Australian Research Council. 
Attraverso la sua ricerca con le piante, "ha esteso il concetto di cognizione (inclusi percezione, processi di apprendimento, memoria) nelle piante". Ha lavorato per espandere il modo in cui il pubblico vede le piante, e tutta la natura, nel rispetto della loro soggettività e sensibilità. 

Gagliano si è formata come ecologa marina. 
Come borsista post-dottorato presso la James Cook University nel 2008, stava effettuando ricerche sulla castagnola di Ambon  nella Grande Barriera Corallina in Australia. Come parte della sua ricerca, alla fine dello studio le è stato richiesto di uccidere e sezionare il pesce. I pesci erano abituati alla sua presenza e nuotavano dentro e fuori dalla sua mano ogni giorno, ma l'ultima mattina, quando lei andò a trovarli per salutarla, si rifiutarono di uscire dalle loro fessure e salutarla, come se sapessero cosa stava facendo. destinato. Ciò produsse per Gagliano una crisi etica e professionale. Completò lo studio ma giurò di non uccidere mai più in nome della scienza. Lasciò la scienza animale ed entrò nella scienza vegetale . La sua sensazione che il pesce capisse cosa stava facendo la spinse a studiare la sensibilità in altre forme di vita.

Gagliano ha esteso il campo della bioacustica alle piante. Nel 2012 ha mostrato piante di mais che emettono suoni. Nel 2017 ha dimostrato che le radici della pianta di pisello (Pisum sativum) percepivano una fonte d'acqua attraverso segnali sonori.
Gagliano sostiene il confronto tra l'apprendimento nelle piante e l'apprendimento negli animali, sfidando il confine scientifico convenzionale tra esseri con cervello e esseri senza cervello. In una presentazione del 2013 Gagliano ha sostenuto che la stessa assuefazione mostrata dalle piante di Mimosa, quando viene osservata negli animali, si chiama “apprendimento” e quindi i ricercatori devono “usare lo stesso linguaggio per descrivere lo stesso comportamento”. Nel 2018 ha dichiarato a New Scientist : "Che si tratti di un animale, di una pianta o di un batterio, se soddisfa i requisiti che siamo d'accordo nel definire l'apprendimento, allora questo è ciò che sta facendo." In un articolo di giornale del 2015 ha affrontato problemi teorici comuni che portano i ricercatori a non ricercare l'intelligenza nelle piante e ha suggerito soluzioni a queste barriere di pensiero.
Oltre alla sua formazione scientifica e alla ricerca occidentale, Gagliano si è anche formata con gli sciamani delle piante peruviani , seguendo protocolli sciamanici stabiliti per imparare a comunicare direttamente con le piante. Attribuisce alle piante il merito di aver suggerito progetti per esperimenti di laboratorio e di aver collaborato con lei per risolvere problemi di ricerca. 


Fonti

https://st.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2014-01-19/le-piante-imparano-e-ricordano-come-noi-081621.shtml?uuid=ABvsJjq
https://it.wikipedia.org/wiki/Mimosa_pudica
https://en.wikipedia.org/wiki/Monica_Gagliano

giovedì 9 marzo 2023

Il conflitto in Tigray (Etiopia): due anni di una silenziosa tragedia


Nel 2018 Abiy Ahmed Ali ha preso il potere in Etiopia.
Le promesse del suo mandato erano di liberalizzare l'economia statale, supervisionando riforme che hanno liberato migliaia di prigionieri politici, giornalisti e attivisti dell’opposizione. I cambiamenti hanno avuto come effetto collaterale il riemergere di vecchi rancori contro decenni di governo oppressivo, e hanno incoraggiato i partiti regionali su base etnica a cercare più potere per i propri gruppi.

Poi è arrivato il Coronavirus. 
A fine marzo 2020 il Consiglio elettorale nazionale dell'Etiopia ha rinviato a data da destinarsi le elezioni parlamentari previste per agosto a causa dell'epidemia di coronavirus, una mossa approvata da alcuni dei principali partiti di opposizione - il Fronte di Liberazione Oromo (OLF) e il Movimento Nazionale di Amhara (NAMA o National Movement of Amhara). 
In vista della scadenza del mandato legislativo, il Council of Constitutional Inquiryun (organo consultivo della Camera della Federazione, la camera alta del parlamento etiope) ha raccomandato che le elezioni si tenessero 9-12 mesi dopo che il coronavirus non fosse più un problema di salute pubblica. Il 10 giugno 2020 il parlamento etiope ha quindi approvato il permesso al primo ministro Abiy Ahmed di rimanere in carica oltre il suo mandato con 114 voti favorevoli, 4 contrari e 1 astensione.
La mossa della camera alta ha attirato le critiche dei leader dell’opposizione, che hanno accusato Abiy di usare la pandemia per prolungare il suo mandato e hanno chiesto un governo provvisorio o di transizione per guidare il paese alle elezioni, sostenendo che la consultazione del parlamento fosse insufficiente perché la maggior parte dei legislatori sosteneva il partito al governo. Abiy stesso ha respinto il suggerimento come impraticabile.

L’8 giugno 2020, 2 giorni prima del voto, la portavoce della Camera della Federazione, Keria Ibrahim, appartenente al Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (TPLF), si era dimessa dalla sua posizione in protesta contro il rinvio delle elezioni, a cui il FPLT, membro della coalizione di governo, si era opposto. Il FPLT ha quindi minacciato di tenere le proprie elezioni nella regione del Tigrè, patria di uno dei gruppi etnici più influenti dell’Etiopia. 
Altri due dei principali partiti di opposizione, il Congresso Federalista Oromo e il Fronte di Liberazione Oromo, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta bollando il voto come "un atto illegale e illegittimo” ed avvertendo come esso mettesse “in pericolo la pace e la stabilità del Paese”.

Mentre la pandemia di COVID-19 colpiva duramente l'economia della nazione, le tensioni sociali crescevano. La morte del cantante oromo Hachalu Hundessa, ucciso a colpi di arma da fuoco il 29 giugno nella capitale, Addis Abeba, ha innescato manifestazioni e violenze fra diversi gruppi etnici nella regione di Oromia che sono andate avanti per giorni, causando almeno 167 feriti gravi, 166 morti (di cui 155 civili e 11 membri delle forze di sicurezza) e circa 1.084 arresti, compresi molti leader politici di opposizione. Tra questi ultimi Jawar Mohammed, il leader di un gruppo oromo e considerato il principale rivale di Ahmed, e Lemma Megersa, ex ministro della Difesa del governo di Ahmed, licenziato per aver “violato la disciplina di partito” e in seguito messo agli arresti domiciliari. Nel corso delle proteste, inoltre, il governo ha più volte fatto uso di sistemi per bloccare internet in tutto il paese o in alcune regioni.
Ad agosto 2020, ci sono state altre rivolte dopo che si è sparsa la voce, non confermata, che Jawar Mohammed non stesse ricevendo in prigione le necessarie cure mediche, e ci sono state altre decine di morti.

Gli scontri etnici erano già comuni in Etiopia e, sebbene i sostenitori di Ahmed abbiano lodato i suoi tentativi di superare le divisioni e di proporre un’identità comune, sotto il suo governo le cose non sono migliorate. 
I leader dello stato settentrionale del Tigrè hanno deciso di tenere lo stesso le elezioni all’inizio di settembre, contro il volere del governo. Il TPLF ha vinto tutti i seggi disponibili nel Parlamento regionale e secondo alcuni analisti le elezioni, che Il primo ministro Ahmed ha dichiarato pubblicamente come "illegali", erano il primo passo verso la secessione dello stato di Tigrè.


Novembre 2020, l'inizio di due anni di conflitto


Il governo etiope decise di iniziare l'opera di "liberazione" del Tigray nel novembre 2020. 
Anche in seguito all'appoggio del governo somalo e eritreo, iniziarono una lunga serie di operazioni speciali, volte a scardinare la ribellione del popolo tigrino, nonchè a farlo apparire di fronte al mondo come "infame" e guerrafondaio.

Secondo le Nazioni Unite (ONU), nel corso dei due anni del conflitto, circa 2,3 milioni di bambini sono stati privati ​​degli aiuti e dell'assistenza umanitaria di cui avevano disperatamente bisogno
Nel novembre 2020, le Nazioni Unite hanno avvertito di carenze di approvvigionamento "molto critiche" per i quasi 100.000 rifugiati eritrei che, prima della guerra, erano registrati in quattro campi nella regione del Tigray. Nello stesso mese, le Nazioni Unite hanno riferito che le persone nel Tigray stavano fuggendo da Mekelle. Il governo federale aveva avvertito "senza pietà" se FLPT e residenti fossero rimasti mescolati.
Nel dicembre 2020, le Nazioni Unite hanno stimato che più di un milione di persone erano state sfollate a causa dei combattimenti. Più di 50.000 persone sono fuggite in Sudan a causa del conflitto. Le comunicazioni e i collegamenti di viaggio erano ancora bloccati e Human Rights Watch ha avvertito che "le azioni che deliberatamente impediscono i rifornimenti di soccorso" violerebbero il diritto umanitario internazionale.
Secondo l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ci sono stati "rapporti profondamente angoscianti di violenze sessuali e di genere, esecuzioni extragiudiziali, [e] distruzione e saccheggio diffusi di proprietà pubbliche e private da parte di tutte le parti". Più di 136 casi di stupro sono stati segnalati anche dagli ospedali di Mekelle, Ayder, Adigrat e Wukro nella regione del Tigray orientale tra dicembre 2020 e gennaio 2021, con indicazioni che ci sono molti più casi di stupro di questo tipo non denunciati. 
Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, al 2 febbraio 2021, 20.000 rifugiati eritrei nel Tigray erano ancora dispersi, principalmente dai campi di Hitsats e Shimelba.

I combattimenti hanno ucciso migliaia di persone, ha dichiarato Patrick Ferras, ricercatore geopolitico e presidente di Strategie Africane, che ha detto all’AFP che probabilmente almeno 300.000 persone hanno perso la vita nel conflitto.


L'accordo di pace di novembre 2022

Nella primavera 2022 era stato raggiunto un cessate il fuoco ma a partire dall’estate erano ripresi gli scontri, con pesanti bombardamenti da parte delle autorità etiopi che hanno colpito anche scuole e strutture sanitarie. Sembrava che il contesto fosse molto poco propenso al raggiungimento di un accordo di pace, tanto che aveva già stupito il fatto che delegati del governo etiope e rappresentanti del Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) avessero accettato di incontrarsi in Sudafrica a partire da fine ottobre, in quelli che sono stati i primi colloqui ufficiali dall’inizio del conflitto.
L'accordo di pace è stato invece firmato a Pretoria. A margine della firma i delegati dei colloqui di etiopi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta con degli impegni che saranno attuate da entrambe le parti. 
Di fatto il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf) ha accettato di porre le armi. La dichiarazione congiunta, firmata dai rappresentanti del governo federale e appunto il Fronte di liberazione del Tigray, contiene 12 articoli la cui attuazione è stata concordata da entrambe le parti.
Entrambe le parti si impegnano a “rafforzare ulteriormente la collaborazione con le agenzie umanitarie per continuare a inviare aiuti a tutti coloro che necessitano di assistenza. Abbiamo concordato di attuare misure transitorie che includono il ripristino dell’ordine costituzionale nella regione del Tigray, un quadro per la risoluzione delle divergenze politiche e un quadro della politica di giustizia transitoria per garantire responsabilità, verità, riconciliazione e guarigione”.


Fonti

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Tigr%C3%A8
https://es.wikipedia.org/wiki/Guerra_de_Tigray
https://www.africarivista.it/etiopia-tigray-raggiunto-accordo-di-pace/208780/