lunedì 11 febbraio 2013

Osare più autarchia


Il termine autarchia definisce, oltre al concetto di autosufficienza giuridica, ossia di autogoverno, quello di autosufficienza economica, chiamato anche "economia chiusa", in cui non sono presenti relazioni commerciali con l'estero e l'ecosistema economico nazionale non è influenzato dalle tendenze internazionali.


Il termine, nella memoria recente, riporta al periodo fascista
Già, perchè tra il 1938 e il 1943, causa le sanzioni internazionali e l'avvicinarsi del conflitto, Mussolini attuò vere pratiche di autarchia. 
I settori interessati furono numerosi, con successi (e insuccessi) più o meno conclamati. 
Problemi cruciali di quel periodo erano l'energia (con una macchina produttiva che ne chiedeva sempre di più), i combustibili fossili, la cellulosa, i metalli, il legno, tutti importanti per gli armamenti, i trasporti e l'industria e scarsi o poco sfruttabili in territorio italiano. 
Il governo cercò di ovviare sollecitando e finanziando la ricerca e lo sviluppoi quali, aiutati dalla chimica, permisero la scoperta di nuovi materiali e migliorarono i processi produttivi; vennero inoltre creati enti appositi di monitoraggio e sviluppo, vennero istituiti giorni dedicati, nonchè riviste apposite, periodiche e specializzate (il tutto sarà le base per il futuro boom economico).
Importanti furono le lotte agli sprechi (non buttar via nulla), il riciclaggio, le produzioni di abiti e indumenti con prodotti vegetali coltivati interamente in Italia (canapa, seta, persino ginestra) e lo sviluppo delle energie rinnovabili (a quell'epoca risalgono le prime celle fotovoltaiche, i primi motori solari di estrazione dell'acqua dalle falde acquifere).
Insomma, nonostante le finalità totalmente sbagliate (guerra, espansionismo) e con un approcio assolutamente condannabile, tra razzismo e abusi, il quinquennio fascista rappresenta (involontariamente) il primo abbozzo di green economy.


L'attualità del tema autarchico è più che mai evidente.
Così se poi il boom economico conseguente al secondo conflitto mondiale ha fatto dimenticare
i progetti "eco-sostenibili" appena accennati dal periodo fascista, essi ora tornano prepotentemente alla ribalta.
I tempi va detto sono cambiati.
In pochi anni il libero mercato e lo sviluppo tecnologico hanno permesso la produzione e la circolazione a prezzi irrisori di una quantità impensabile di merci (più o meno utili), con la conseguente invasione di plastica e nuovi rifiuti (basti guardare i bordi della strade, i prati, i boschi).
Conseguentemente l'approcio al tema è totalmente diverso. La riduzione della spesa e la massimizzazione del risparmio, al tempo per fini bellici, ora rientra nel contesto delle crisi economica e nella messa in discussione del sistema capitalista
E il tema ambientale, solo contorno fino a qualche decennio fa, assume nuova grande importanza, causa l'avvicinarsi dell'esurimento dei comustibili fossili, l'effetto serra, il prosciugamento delle falde acquifere, l'inquinameno e lo scioglimento dei ghiacciai.

Il presente vede una concreta "nuova voglia" di autarchia.
I nuovi movimenti per il ridemsionamento dello stile di vita, per la decrescita, per un approcio più locale delle questioni economiche e ambientali e per l'autoproduzione energetica e alimentare sono il tentativo di messa in pratica in fatti di questa voglia.

"Osare più autarchia" è stato lo slogan dei dialoghi di Dobbiaco del 2009.
Nella località di Dobbiaco, punto d’incontro tra due culture, dal 1985 al 1999 i “Colloqui di Dobbiaco”, ideati e organizzati da Hans Glauber, affrontano ogni anno le tematiche ambientali di maggior rilievo, proponendo di pari passo delle proposte risolutive. 
Col passare degli anni, i Colloqui di Dobbiaco si sono affermati come prestigioso laboratorio d’idee per una svolta ecologica nell’arco alpino e non solo. Dopo l’inattesa scomparsa di Hans, nell’aprile 2008, il ruolo di “curatore” dei Colloqui di Dobbiaco è stato assunto da Wolfgang Sachs.

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