mercoledì 13 febbraio 2013

La NOSTRA povertà economica



La povertà (economica) è la condizione di singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato (o del tutto mancante nel caso della condizione di miseria) accesso a beni essenziali e primariovvero a beni e servizi sociali d'importanza vitale.

La povertà economica è la povertà della società ove tutto ha valore monetario e si può (e deve) acquistare; essa è l'impossibilità di comprare, si tratti di beni o servizi o prestazioni.
La povertà economica è la principale conseguenza del Mercato liberale (globalizzato).
E' di comparsa alquanto recente, a seguito della scomparsa del dono, dell'aiuto sociale e comunitario.
E' la povertà dell'Occidente, del progresso, della modernizzazione; è la povertà della solitudine, dell'emarginazione, della miserabilità.

Come accennato appena sopra, è la povertà del mondo avanzato, industrializzato.
Perciò, parlare di povertà economica per il resto del mondo, e magari studiarla, decifrarla, paragonarla alla "nostra", arrivando a conclusioni su quanto vale e quanto è terribile, è un'iddiozia, un non sense di chi guarda dal podio del vincitore.
Già, perchè le società (sud-americane, africane e asiatiche) in cui il Mercato liberista ha tentato di intromettersi, erano (e per certi versi sono ancora) anni luce dall'essere sistemi economici con le caratteristiche tipiche di quello occidentale.
Soprattutto l'Africa ha caratteristiche particolari e speciali.
In primis il concetto di dono. Dono che non è regalo, ma è rapporto-legame sociale: io di dò questa cosa, ma tu ti leghi a me. Io in cambio di questo oggetto voglio la tua collaborazione, 
la "restituzione" (con qualsiasi mezzo tu voglia) del "regalo" che ora ti ho fatto (la religione islamica ha come uno dei cardini la carità).
Inoltre in gran parte dell'Africa la società arcaica vuole il concetto di povertà come la mancanza di relazioni, e quindi l'impossibilità di aver aiuto da altri e di poterlo donare ad altri. Uno dei maggiori rischi è non aver un genitore, poichè si rischia di essere fuori dal giro di molte persone, le quali permettono la creazione e il mantenimento della propria "economia". Allo stesso tempo qui la ricchezza non è avere soldi (e quindi cercare di trarre il massimo profitto), ma avere e coltivare rapporti e relazioni comunitarie, di inter-azione, di aiuto reciproco.
Ed ecco il punto principale, vale a dire che l'Africa nera (Camerun, Costa D'Avorio, Senegal, Ghana, per citare alcuni paesi), è una grande comunità. Essa è divisa in categorie, caste: gli anziani, i fabbri, i tessitori, e così via. I primi permettono la continuità biologica della comunità (permettendo i matrimoni, scegliendo le coppie), nonchè la risoluzione dei conflitti e la gestione delle diatribe; il resto della gente lavora e si aiuta, ma con un concetto economico poco occidentale. Si scambia gli utensili di lavoro, baratta cibo con questi, paga o riceve denaro in base alla situazione, alla necessità, non per il profitto ma per la comunità. Così la comunità si assicura il futuro collaborando, rimanendo unita e affrontando insieme i problemi.


Al di fuori dei confini africani, si pensi che in Asia buddismo e induismo esaltano la povertà
Qui la spiritualità e la fede (pilastri della società) dicono che chi è povero è il vero ricco (ci sono realtà in cui si vive completamente nudi e la ricchezza è completamente spirituale). Una realtà che d'altronde non è molto distante da quella cristiana dei secoli scorsi, poi sovrastata dall'espansione del Mercato.

In tutti questi contesti, ove l'individualizzazione tipica del Mercato è assente, ove la monetarizzazione di tutte le azioni non esiste, parlare di povertà economica è decisamente fuori luogo; soprattutto dal punto di vista del Fondo Monetario Internazionale e di enti simili, che valutano solo il pil come indice di ricchezza, non c'è conessione con la realtà.
Perciò non stupisce che l'Africa nera contribuisca solo al 2% del pil mondiale. O meglio, stupisce dal punto di vista della nostra ottica liberista, ma non da quella locale.

Una sola speranza per il futuro: evitare di infangare ulteriormente realtà che stanno in piedi da millenni con valori diversi da quelli puramente economici. Basta con la presunzione del possedere il modello migliore e di volerlo esportare a tutti i costi.
Se vogliamo distruggerci e distruggere i rapporti sociali e l'ambiente facciamolo pure.
Ma teniamocelo per noi. 

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