martedì 12 febbraio 2013

Desacralizzare il Mercato liberista (globalizzato)



Il passo che precede il cambiare rotta, in tutti i campi della vita, è la constatazione che la strada presa non è quella giusta.
Senza l'analisi lucida e l'appena citata conclusione non riusciremmo a dire basta a rapporti tossici, amicizie ingombranti, cappi al collo amorosi.
Il tutto spesso "tradendo" dei miti ostinatamente e ciecamente coltivati, di fronte a una realtà ben distante dall'essere diventata un sogno, o semplicemente degna di essere valutata come un "si, ne è valsa la pena".


A pennello qui si inserisce il mito del Mercato liberista (globalizzato), scritto con la M maiuscola per non essere confuso con il mercato "storico", quello della m minuscola e delle piazze.  
Il Mercato, il primo dei due appena citati, è sacro, intoccabile, nonchè il baluardo dell'attuale società; è venerato come la religione da seguire a tutti i costi (in maniera integralista per molti versi).
Desacralizzarlo significa togliergli l'aureola e farlo tornare con la m minuscola (a dir la verità per fare questo servirà un pò di tempo, ma chi comuncia è a meta dell'opera).
Perchè il Mercato (liberista) è l'invenzione e il paradosso del XX secolo, è la monetarizzazione a priori di gran parte della attività umane  (comprese quelle poco pertinenti con il dio denaro, quali lo sport, l'arte, la cultura,...), è l'abbattimento della moralità di fronte alla forza della moneta, è il perdere di vista la passione, l'etica e il concetto di donare
E' poi l'assurda convinzione che con i soldi si possa far tutto, che si possa comprar tutto, persino i sentimenti e la felicità.
Il Mercato globalizzato (e globalizzante) ha inoltre la pretesa di voler espandere i propri confini fino ad espandersi in ogni luogo conosciuto e in ogni popolo vivente. Ha la presunzione di considersi il meglio, il futuro e di considerare "arretrato" chiunque non lo segua e non lo veneri.
Accanto a tutto ciò ci sono i particolari "irrilevanti" degli effetti collaterali che il Mercato genera: danni ambientali, degradamento dei rapporti sociali, individualizzazione, perdita di sovranità popolare, e chi più ne ha più ne metta.

Constatare il fallimento, o meglio che sono più i contro dei pro, di un sistema (in questo caso di quello del Mercato) non è cambiarlo. Non è modificare la rotta. 
Ma è la prima mossa per poi poterla cambiare.
E' la prima pietra su cui porre le basi per una nuova concezione dell'economia e della societànonchè dei rapporti con le cose, con gli altri e con le attività ricreative.
E' il punto di non ritorno per ripristinare una vita degna di essere chiamata tale, con le cose giuste al punto giusto, con il denaro che torna a essere un aiuto, con il Mercato che torna a essere il mercato della piazza, dove la gente non si scambia solo la merce, ma crea rapporti sociali, si scambia molto di più dei semplici prodotti.
E' la voglia di lasciare alle spalle l'epoca del vivere per i soldi anzichè con i soldi.
E' l'abbandonare il modello dell'economia prima di tutto, prima dell'amicizia, dell'amore, della passione e della morale.
E' il voltare pagina e il voler ricominciare a scrivere righe di vita e non di bilanci economici.

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