domenica 23 giugno 2024

Le grandi muraglie verdi (II parte): in Cina


La Great Green Wall è la muraglia verde che la Cina sta ricostruendo con l'obiettivo di fermare l'avanzata del deserto e preservare le terre dalle tempeste di sabbia.
Il deserto occupa una grossa parte della Cina occidentale ed è in continua espansione.


Il deserto del Gobi


Il deserto in questione è il deserto del Gobi che si estende fino alla Mongolia ed è considerato uno luoghi più aridi della Terra. 
La desertificazione è un fenomeno che si è presentato per secoli a causa del disboscamento e di un’agricoltura irresponsabile. 

Più volte nel corso della storia questi luoghi sono stati abbandonati a causa del deserto e più volte dopo l’abbandono da parte dell’uomo la vegetazione è ritornata. 
Tuttavia con l’enorme crescita della popolazione nell’ultimo secolo, il problema si è ripresentato con un’intensità spaventosa.
Le persone che abitavano nelle zone limitrofe hanno visto le colline circostanti, un tempo ricoperte da foresta, trasformarsi in dune di sabbia. 
Milioni di persone si stanno spostando verso est dove ci sono le grandi città. 
I pascoli, che rappresentano la principale fonte di sostentamento di queste zone, sono spesso in balia delle tempeste di sabbia, che sono in grado di stendere uno strato di parecchi centimetri di sabbia e decimare la vegetazione. Le tempeste di sabbia possono assumere dimensioni impressionanti e viaggiare per migliaia di chilometri come quelle che gli ultimi anni hanno raggiunto anche la capitale, Pechino dando vita a scenari apocalittici.



Il piano di riforestazione: una muraglia di alberi per contenere il deserto


Il piano prevede una sorta di muro di alberi, con una larghezza di almeno 50 metri e una larghezza di circa 4500 chilometri. L’obiettivo è quello di aumentare la copertura delle foreste nelle regioni interessate dal 5% al 15%.

Il rimboschimento viene applicato in più modi. Nella prima fase vengono seminate strisce d’erba e arbusti tipici delle zone desertiche e nella seconda linea vengono impiantate specie di alberi particolarmente resistenti alla siccità e all’aridità, come ad esempio il pioppo nero. Vengono assunte delle vere e proprie squadre di “riforestatori" che si occupano di mettere a dimora delle enormi distese di piantine. In alcuni casi dove il suolo non è troppo arido le sementi vengono gettate anche per via aerea.

Il piano non è ancora finito perchè andrà avanti almeno fino al 2050, ma si sono visti molti risultati. 
La copertura delle foreste nelle regioni del Nord è passata dal 5% al 13,5%. Un dato incredibile se si pensa che l’area interessata è grande quanto l’intera Europa Occidentale.

Negli ultimi decenni sono stati piantati 13 milioni di ettari di alberi come muro di riparo dal vento, un’area grande quanto la Grecia, ed è stata così recuperata una porzione di deserto grande quanto l’Italia.
Dopo anni di perdita del suolo sembra che la desertificazione si stia fermando e la foresta cresce molto più rapidamente del deserto.

Nelle zone dove sono stati piantati i primi alberi la foresta è diventata ormai matura e le precipitazioni sono aumentate. 
Grazie alle piante il suolo è in grado di trattenere l’acqua piovana e i corsi d’acqua hanno aumentato il loro flusso. Grazie alla vegetazione infatti la pioggia viene assorbita dalle piante o resta nel suolo mentre nei deserti anche se piove l’acqua è esposta al sole ed evapora subito.
In luoghi dove prima il suolo era arido ora ci sono anche dei parchi naturali, come ad esempio il Parco Forestale Nazionale di Saihanba, oggi tra le principali attrazioni del Nord della Cina.


Le critiche al progetto

La critica principale riguarda la scelta di usare la monocoltura, ovvero una sola specie di piante, cosa che rende queste foreste particolarmente fragili in caso di epidemia. Altre problematiche legate alla monocoltura sono anche il consumo del suolo e la difficoltà per gli animali ad insediarsi in un ambiente così omogeneo.

Altre organizzazioni hanno lamentato come in alcuni casi gli alberi impiantati siano stati lasciati a se stessi, come se, fatta la prima mossa, la natura fosse in grado di risistemare tutto. Nel 2008 ad esempio il 1/5 degli alberi impiantati non è sopravvissuto e in inverno le forti tempeste hanno distrutto il 10% del lavoro di quell’anno, tanto che la Banca Mondiale ha intimato il governo cinese a puntare più sulla qualità che sulla quantità.


Fonti:

https://ecobnb.it/blog/2019/07/cina-alberi-fermare-deserto/

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