Noi siamo quanto mangiamo e quello che mangiamo.
In più, con l'avvento della meccanizzazione e dell'industrializzazione, con la conseguente diminuzione dei prezzi e il conseguente aumento di quantità dei prodotti, siamo quello che scegliamo di mangiare.
Scelta che un tempo era a monte del consumo, e riguardava quali piante mettere nell'orto, quali alberi innestare nel frutteto, quali animali allevare per avere carne, latte e uova; poco riguardava cosa mangiare. Si mangiava quel che c'era, a seconda della stagione e dell'annata più o meno favorevole.
Ai tempi nostri la scelta riguarda il consumo, cioè cosa e quanto mangiare, poichè il passaggio si è trasferito da produttori a consumatori puri.
Questa avviene tra le corsie di un supermercato e di un negozio (tra scaffali più o meno pieni e tra frigo e freezer forniti di cibo di ogni provenienza e ogni conservazione), o tra l'elenco di una lista (più o meno lunga) se non si ha tempo o la possibilità di cucinare e si mangia in un fast-food o in un ristorante.
L'era del petrolio ha modificato molto le quantità a disposizione e il tipo di alimenti presenti sul (nuovo) Mercato alimentare, nonché il prezzo di questi.
La meccanizzazione, le monocolture e i fertilizzanti-antiparassitari, hanno permesso l'invasione a basso prezzo dei cereali, della carne, dei derivati animali (formaggio, uova) e del pesce, in passato un lusso e ora normalità a tavola.
Il tutto di fronte alla comparsa di nuovi problemi ambientali ed ecologici: perdita di fertilità dei terreni (con conseguente aumento della desertificazione), inquinamento in atmosfera causa allevamento e nel suolo causa fertilizzanti, diminuzione del livello delle falde idriche causa allevamenti e coltivazioni assetati,...
Fatto sta che l'occidentale è passato da scegliere cosa mangiare tra una patata e un broccolo d'inverno o tra un pomodoro e un peperone d'estate (chiaramente con in più pane e dolci tipici una tantum), a scegliere tra un'infinità di prodotti, confezionati o freschi, di stagione o fuori, del proprio paese o dell'altro continente.
Scelta che, nel mutarsi di contesto, è diventata spesso quella del frigo pieno, della ricerca dell'abbinamento tra sapori perfetto, del primo piatto ancora pieno gettato nella spazzatura.
Scelta che spesso si è auto-rinnegata come significato, vale a dire è diventata un non scegliere, cioè un avere a disposizione il più possibile e poter mangiare a piacimento tra questo.
Il ciclo della natura vuole però la sua parte.
Non si può aver tutto, a meno di non pagarlo caro (e non si parla solo di soldoni).
I problemi ecologici e quelli etici-morali (circa gli allevamenti intensivi e il trattamento riservato agli animali, con la conseguente deriva del rapporto tra allevatore e animale allevato) nati dall'evoluzione del Mercato alimentare, si fanno sempre più spazio nelle menti e nel cuore dei cittadini del frigo sempre pieno.
Nuovi interrogativi irrompono nella lotta "aver tutto-ma a che prezzo".
E allora: meglio tradizionale (cioè intensivo) o bio? Meglio globale o locale?
Per poi arrivare al: meglio onnivoro o vegetariano? Meglio vegetariano o vegan? Meglio vegan o crudista (o fruttariano)?
Interrogativi che portano inevitabilmente a nuove scelte.
Scelte riguardanti la critica del modello del presente o la voglia di un futuro meno inquinante e più sostenibile, o più giusto (per i diritti degli animali); o ancora scelte per cercare di pesare meno come impronta ecologica o come impatto ambientale.
Scelte che inevitabilmente passano da una riflessione sul presente e da una speranza per il futuro.
E nuove scelte che spesso portano alla modifica delle proprie abitudini alimentari e all'influenza verso quelle degli altri e dell'economia alimentare.
Scelte che comunque sia sono un diritto e, di fronte a una realtà che non va come la si vorrebbe, un obbligo.
Teo condivido pienamente quello che è scritto in questo articolo a anche se non pensavo di riuscirci mi sto impegnando per diventare vegana! Lore
RispondiElimina