Massimo
Fini, che della critica alla modernità non ne ha fatto di certo rifugio
dalle cose del mondo, non ha dubbi: l’implosione dell’Occidente non è
il prodotto di un complotto ma l’evoluzione di un sistema che noi stessi
abbiamo creato.
Altro che bomba intelligente: «Il crollo di questo
apparato coinvolgerà anche quelli che credono di governarlo». Per
questo, dinanzi alla crisi economica e al caos causato dallo scontro di
civiltà, Fini prevede tutt’altro che un exit strategy. Ma uno scenario
apocalittico.
A meno di una marcia indietro responsabile ma scarsamente
probabile in quanto «i nostri reggitori se ne sbattono del collasso e
sperano che il “cavallo” faccia qualche passo. Tanto, sperano, moriranno
prima della fine e toccherà ad altri pagare il conto…».
La dittatura dello spread. Si può definire figlia di un “disegno”?
È una dinamica normale che dipende, però, da una situazione
totalmente anormale. C’è un modello di sviluppo occidentale – ma che
ormai ha coinvolto anche la Russia, l’India e la Cina – che è arrivato
al suo limite perché si basa sulla crescita esponenziale che esiste in
matematica e non in natura. Lo vedo come una macchina molto potente che è
partita a metà del XVIII secolo, che adesso si trova davanti a un muro
ma pretende di proseguire e dà di gas. È la mitologia della crescita
quando crescere non si può più.
Il fatto che in Italia sia stato commissariato un governo legittimo, eletto, è un fatto normale?
Legittimamente eletto dal popolo! Voi credete ancora alla democrazia?
Mi meraviglio. La democrazia è un sistema tarocco dove noi ogni cinque
anni andiamo a legittimare coloro che poi “non” ci governano. Non vedo
complotti, vedo una situazione molto peggiore perché se si pensa a un
complotto lo si può anche sventare. Ma questa è la logica della
globalizzazione che non comincia adesso ma con la Rivoluzione
industriale. È chiaro che nessun Paese è più padrone di se stesso.
Il governo tecnico ha sdoganato ciò che prima si denunciava
solo nei circuiti indipendenti: i “poteri” che suppliscono alla
democrazia?
Era un argomento tabù ma la realtà era quella. Chi domina nel sistema
è il denaro e in primo luogo le banche. Diciamo che è venuto più alla
luce del sole ma c’era assolutamente anche prima. Siamo vittime del
sistema che abbiamo creato, anche quelli che credono di guidare la cosa
sono in realtà solo le mosche cocchiere. Siamo vittime di un meccanismo
perverso, paranoico del “produci, consuma, crepa”. Questo è il nocciolo
di fondo: che poi governi Obama o Monti siamo tutti nella stessa barca.
Una barca che affonda.
La sovranità nazionale non ha più senso?
La questione non è la perdita di sovranità, perché questa è avvenuta
molto tempo prima. Naturalmente per tutto un periodo certe questioni
sono state mascherate, perché i paesi occidentali hanno rapinato i paesi
del Terzo mondo e quindi sembrava che aumentasse la ricchezza di questi
paesi. In realtà aumentava a danno degli altri. Oggi c’è una
competizione spietata tra Stati e adesso ce ne accorgiamo anche noi: ma
non ho nessuna pena per la sorte del popolo italiano e degli altri
occidentali. Se la sono cercata, non si sono opposti, non hanno capito
che cos’è in fondo la globalizzazione.
C’è chi propone una nuova “Bretton Woods” come rimedio.
L’autarchia fascista, l’autarchia degli anni ’30 era un modo
ragionevole per tenersi da questo circolo mortale che è quello dei
mercati. Noi oggi da chi dipendiamo? Neanche da delle banche. Ma da un
meccanismo anonimo chiamato mercato che è peggio di qualunque dittatura:
perché un dittatore puoi sperare di abbatterlo, questo è un meccanismo
che si autoprotegge. La reazione della leadership mondiali alla crisi è
stata, immettendo nuovo denaro, come drogare il cavallo già dopato
sperando che faccia ancora qualche passo. Fare una nuova Bretton Woods o
non farla è un’ipotesi perfettamente irrilevante.
Come mai un’analisi del genere viene spesso banalizzata additandola come “complottismo”?
Perché non si vuole ammettere di non aver capito un cazzo. E allora
il complotto è il modo migliore per rimuovere questo fatto. Mi sono
talmente stancato che il mio interesse principale oggi si chiama
Afghanistan.
È l’unico antidoto?
Ci sono alcune correnti di pensiero americane come il
bioregionalismo, il neocomunitarismo che parlano di un ritorno graduale e
ragionato, limitato a forme di autoconsumo e di autoproduzione che
passano necessariamente per il recupero della terra e il
ridimensionamento drastico dell’apparato industriale e finanziario. Il
discorso di fondo sarebbe riportare l’uomo al centro e spedire economia e
tecnologia nella parte marginale che hanno sempre avuto. Per questo
scelgo l’Afghanistan, perché è composto da uomini che hanno vissuto e
vivono avendo in testa altri valori.