martedì 12 marzo 2013

L'mpatto ambientale del settore zootecnico (I parte): la carne




Nella seconda metà del Novecento il consumo globale di carne è aumentato di 5 volte, passando da 45 milioni di tonnellate all'anno nel 1950 a 233 milioni di tonnellate all'anno nel 2000, e la FAO ha stimato che entro il 2050 si arriverà a 465 milioni di tonnellate. 
L'aumento del numero di animali allevati sta comportando, oltre all'alterazione dell'uso delle risorse alimentari e idriche, vari problemi di natura ambientale, quali l'aumento dell'inquinamento delle acque, dell'uso delle terre, della deforestazione, della degradazione del suolo ed delle emissioni di gas serra.

Circa l'inquinamento delle risorse idriche, a seguito della crescita esponenziale del numero di animali allevati parallelamente all'espansione delle aree urbane, si sono diffusi sempre più gli allevamenti intensivi, responsabili di una sovrabbondante produzione di deiezioni animali dovuta all'elevato numero di animali concentrato in uno spazio ridotto. In questa nuova condizione il territorio circostante lo stabilimento non è più in grado di assorbire efficacemente l'enorme quantità delle deiezioni prodotte, cariche di contaminanti ambientali che finiscono per depositarsi nella acque di superficie e nelle falde acquifere, con gravi effetti per l'ecosistema, la vita animale e vegetale e la salute umana. 
Si stima che un unico manzo produca in un solo giorno oltre 20 chilogrammi di sterco, e un allevamento medio, con 10.000 capi, può produrre fino a un totale di 200 tonnellate di sterco 
al giorno. Secondo il Worldwatch Institute, solo in Cina vengono prodotte ogni anno 2,7 miliardi di tonnellate di deiezioni animali, una quantità pari a 3,4 volte la quantità di rifiuti solidi prodotti dall'intera popolazione cinese.


L'aumento della produzione zootecnica è un fattore chiave nella deforestazione, specialmente in America Latina, dove negli ultimi decenni si è verificata una crescita considerevole dell'attività dell'allevamento. 
In America centrale, a partire dagli anni del 1960, già alla metà degli anni del 1980 oltre un quarto delle foreste erano state rase al suolo per fare posto a pascoli, mentre il numero di capi bovini era cresciuto dell'80% e la produzione di carne bovina del 170%. 
In Honduras, in poco più di venti anni, dal 1960 al 1982, la produzione totale di carne bovina è triplicata, raggiungendo le 62 000 tonnellate l'anno, similmente a quanto accaduto in Nicaragua dove, in soli due decenni, dagli anni del 1970 agli anni del 1990, la produzione di carne bovina è triplicata e le esportazioni sono quintuplicate.

Il settore dell'allevamento ha un sostanziale impatto anche nella degradazione del suolosoprattutto a causa del sovrasfruttamento dei pascoli: la continua pressione dello zoccolo provoca compattamento del terreno, mentre l'estirpazione della vegetazione effettuata dall'animale per nutrirsi provoca impoverimento della flora. Il compattamento del terreno diminuisce la capacità della terra di trattenere acqua e di rigenerarsi, mentre l'impoverimento della flora compromette la resistenza del suolo non più trattenuta dalle radici e riduce funzioni essenziali svolte dai sistemi vegetali quali l'assorbimento dell'acqua e il 
riciclo degli elementi nutritivi: la terra finisce così per essere sempre più esposta all'erosione del vento e dell'acqua e destinata all'isterilimento agricolo.

Il complesso dell’allevamento mondiale è anche uno dei principali contributori della produzione di gas serra, responsabili dell'aumento delle temperature medie terrestri.
Nel 2006 la FAO ha stimato che i processi coinvolti nell’allevamento di animali generano una produzione di gas serra equivalente al 18% delle emissioni globali prodotte dalle attività umane.
Successivamente, nel 2009, una pubblicazione del Worldwatch Institute ha concluso che il totale delle emissioni di gas serra attribuibili al settore zootecnico sarebbe una quota pari o superiore al 51% delle emissioni totali.
L’allevamento di animali contribuisce solo limitatamente alla produzione di anidride carbonica (CO2) (il principale gas a effetto serra prodotto dall'uomo) con un 9% del totale, ma è tuttavia responsabile di alte emissioni di altri importanti gas serra: il 35-40% delle emissioni di metano, che ha un effetto 23 volte superiore a quello dell’anidride carbonica come fattore di riscaldamento del globo, il 65% delle emissioni di ossido di diazoto, un gas che è 296 volte più dannoso della CO2, e il 64% delle emissioni di ammoniaca, un gas che contribuisce significativamente alle piogge acide e all'acidificazione degli ecosistemi.

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