Le piante sono esseri viventi insensibili? Privi di reazioni agli stimoli esterni, quali luce, campo magnetico e suoni?
Per lungo tempo una delle teorie dominanti, se non la teoria dominante sul tema, è andata in questa direzione.
L'autore è Aristotele, il "padre della scienza".
Nella sua opera De plantis (l’originale greco dell’opera è perduto), in contrasto con Platone, scrive:
«La teoria di Platone secondo cui le piante hanno sensazioni e desideri è certo sorprendente, ma non aberrante; per Anassagora, Democrito ed Empedocle esse hanno anche una mente capace di conoscere.
Noi riteniamo erronee queste teorie, le respingiamo e vogliamo dedicarci ad un sano ragionamento.
Affermiamo così che le piante non hanno né desiderio né sensazioni, poiché il desiderio non esiste senza la sensazione, e il fine di ciò che vogliamo cambia in relazione alle sensazioni che si hanno.
Ora, nelle piante non troviamo né la sensazione, né una parte capace di percepire, o qualcosa di somigliante, né una forma determinata, o qualcosa che vi sia prossima, né movimento, né un modo per avvicinarsi all’oggetto percepibile, né un indizio per cui si possa ritenere che esse posseggano la sensazione, e che corrisponda a quei segni per cui sappiamo e constatiamo che le piante si nutrono e crescono».
Secondo Aristotele in problema sta nel fatto che le piante non possiedono capacità percettive.
Egli aggiunge:
«la capacità di percepire rappresenta il principio comune della vita animale: l’inanimato non ha anima né alcuna sua parte; la pianta, invece, non è tra gli esseri che mancano di anima, perché ne possiede una parte, nemmeno però è un animale, perché non ha facoltà percettiva».
L'influenza della teoria aristotelica
La teoria di Aristotele ha influenzato il mondo scientifico per 2000 anni e ci ha lasciato in eredità il concetto antropocentrico della superiorità del mondo animale verso quello vegetale e, infine, dell'uomo come essere dotato di qualità uniche.
La storia dimostra però che gli individui vegetali sono stati in grado nel corso della storia di sopravvivere, adeguarsi e evolversi nei contesti più disparati e difficili.
Essi rappresentano il 99,5% della biomassa del nostro pianeta. Una percentuale altissima, che dovrebbe dimostrarci fin da subito le grandi capacità di sensibilità e adattamento. Di tutto quello che è vivo sul nostro pianeta, gli animali rappresentano (in peso) un piccolo 0,5%.
Semplicemente altre caratteristiche, molto più affinate e consolidate delle nostre
Le piante, fra 400 milioni e un miliardo di anni fa, decisero di non spostarsi, ottenendo tutta l’energia necessaria per sopravvivere dal sole attraverso la fotosintesi e adattando il proprio corpo alla predazione e agli altri innumerevoli vincoli derivanti dall’essere sessili.
Le piante evolsero l'abilità di avvertire con grande anticipazione il più piccolo cambiamento nell’ambiente. Esse sono in grado di sentire anche un elevato numero di parametri (campi magnetici, elettrici, chimici) che non sono normalmente percepiti dagli animali.
Con tale superiore sensibilità, le piante sono in grado di modificarsi, adattandosi alle nuove condizioni. Questo grazie alle specifiche caratteristiche della loro struttura.
Il punto è che il "corpo" delle piante non ha nulla a che vedere con quello degli animali.
Le cellule vegetali, in primis, hanno la parete cellulare che le differenzia totalmente da quelle animali, che protegge e permette la costruzione di apparati molto evoluti e funzionali (libro, legno, corteccia, etc).