domenica 21 giugno 2015

Gli integratori alimentari, un business che gioca con la nostra salute (I° parte): per capirne qualcosa in più


Bruce Ames già negli anni Ottanta in una famosissima letter su Science, e poi molti studi odierni, hanno dimostrato che assunto da solo, cioè fuori dei cibi, l’acido ascorbico isolato (“integratore”)  è in realtà mutagenico sulla cellula, e si comporta da ossidante anziché da antiossidanteFino a pochi anni fa si riteneva anche che favorisse i calcoli renali da ossalato di calcio; oggi non è più sicuro. Su una review di Food Chemical Toxicology (1984) si vide che l’eccesso di vitamina C ha affetti molto negativi, analoghi a quelli di una carenza grave: si riducono i livelli del polienzima citocromo P450, è compromessa la sintesi della emoproteina, è ridotta l’attività dell’enzima cholesterol-7alfa-idrossilasi che comanda la degradazione del colesterolo, aumentando il colesterolo nel fegato e nel sangue, e riducendo il ciclo degli acidi biliari.

Ma a parte l’efficacia nulla, anche l’ assorbimento è inferiore nel caso della vitamina isolata.
Anche a basse dosi, è stato provato su 19 soggetti che la vitamina C assunta con la frutta al naturale o nel succo di frutta fresco ha una più alta biodisponibilità, cioè si assorbe molto di più (oltre il 35% in più), della stessa vitamina assunta da sola, cioè come integratore (Vinson & Bose, Univ. Pennsylvania). Su 8 soggetti, 500 mg di ascorbato e l’equivalente sotto forma di succo d’arancia hanno dato in media, misurando l’area sottostante alle curve del grafico, una concentrazione della seconda forma vitaminica nel sangue di 797 ± 82, anziché 590 ± 117, cioè il 35% in più.
I bioflavonoidi largamente presenti in verdure (peperoni ecc.) e frutta (secondo numerosissimi studi, tanto che ora sono contenuti anche in parecchie formulazioni di integratori di vit.C), e anche (per Szent-Gyorgyi) germe di grano e lievito di birra, sono stati considerati le sostanze nutrizionali e i cibi più sinergici con la vitamina C.
Non parliamo poi della vitamina A, del beta-carotene o, peggio, dell’ancor più tossico retinolo, o della vitamina D ("per le ossa"), o del complesso antiossidante "ACE più selenio", in cui le tre vitamine-star si accompagnano al più rischioso dei minerali "antiossidanti", così popolare che oggi te lo rifilano perfino nelle bibite da supermercato discount, dove ormai è difficile trovare aranciate e bibite senza vitamine aggiunte. Questa moda non ha niente a che fare con l’alimentazione naturale, anzi è il suo opposto: è una stupida e pericolosa farmaco-mania.

Perché, appunto, si tratta di farmaci, anche quando la vitamina è definita "naturale", estratta da piante o frutta, e non di "supplementi alimentari", secondo un trucco che evita ai produttori farmaceutici di provarne l’innocuità con lunghi e costosi test. Perciò queste vitamine estratte (o sintetizzate, è lo stesso), questi integratori isolati, sono poco o per nulla provati scientificamente sull’uomo, nonostante il loro diffuso uso spontaneo ovunque (negli Stati Uniti la vitamina C si compra in drogheria, anche a etti), prendendo alla lettera le eccentriche prescrizioni di quegli originali Pauling e Szent-Györgyi, entrambi premi Nobel, che oggi, con le attuali conoscenze che riducono molto l’impiego della vitamina C isolata, sarebbero molto criticati dalla comunità scientifica.
Integratori “naturali”? Macché. Il termine “naturale” non si riferisce solo all'origine, come 
credono tutti ingenuamente e come lasciano credere i produttori furbi. Che siano prodotti per sintesi chimica o da estratti di aghi di pino, acerola o erba dei prati, non fa differenza, visto che la formula è la medesima per una sostanza pura: gli integratori sono sostanze artificialmente isolate e separate dalle migliaia di altre presenti nel medesimo frutto o ortaggio, e perciò non più inserite nei complessi sinergismi naturali che tengono in equilibrio e bilanciano tra loro le 
migliaia di molecole chimiche, com’è tipico della Natura vegetale. E quindi sono tutto fuorché “naturali”: anzi, sono il massimo dell’artificio innaturale.

Il dr. Andrew Weil, anziano fondatore dell’Arizona Center for Integrative Medicine, è stato uno dei rari botanici a diventare medico, ad Harvard, e ha sintetizzato in un chiaro e icastico articolo per Huffington Post per quali motivi si ricorre così massicciamente agli integratori, sia i medici per gli esperimenti, sia i pazienti: 
1. la facilità d’impiego data dalla sicurezza della standardizzazione, 
2. la possibilità di larghi profitti per l’industria farmaceutica con i marchi registrati presso l’Ufficio Brevetti. 
Così, quando una pianta mostra effetti benefici verso l’uomo, i medici e i biologi sperimentali preferiscono usare una sostanza isolata estratta dalla pianta, che loro chiamano quasi abusivamente “principio attivo”, anziché le pianta intera. 
“Dopodiché – denuncia – noi  [medici] dimentichiamo tutto il resto della pianta, comprese le altre sue sostanze e le complesse interazioni tra di loro”. Ma, se è per la standardizzazione – precisa Weil – la tecnologia moderna permette di coltivare e di trattare le piante naturali, cioè intere, in modo da produrre “complessi standardizzati”. Ma la pianta al naturale offre molte meno possibilità di profitto ai ricercatori. Questo il primo vero, grande motivo del successo degli integratori.
Fatto sta che le sostanze isolate, sia pure estratte “naturalmente” da piante che pure hanno dimostrato di essere benefiche per l’uomo, possono risultare inefficaci o pericolose, anche perché possono turbare, proprio perché isolate, un delicato equilibrio bio-chimico del nostro organismo che invece la pianta intera non turbava
E infatti si sa da almeno 20 anni che con gli integratori aumentano i rischi. Lo ha provato e straprovato la scienza, e ora anche una nuova meta-analisi che riesamina ex-novo 67 studi scientifici già noti, tutti controllati cioè correttamente condotti, con migliaia di soggetti, per provare che con gli integratori vitaminici – e lo stesso, se non peggio, è con altri integratori – i rischi di malattia e di decesso aumentano, non diminuiscono.
Non è naturale isolare una sostanza tra le 500 o 5000 presenti in un alimento, facendo a meno dei complessi sinergismi tra sostanze naturali (in molti casi ancora da scoprire) che bilanciano, potenziano, neutralizzano, modulano le azioni farmacologiche delle varie sostanze presenti nel vegetale, e propinarla da sola, cioè "pura", a noi stessi o ai pazienti. Che poi è quello che si fa coi farmaci, anche queste sostanze isolate, pure. Invece, è naturale l’alimentazione nel suo complesso, è naturale un solo alimento purché intero, completo, cioè integrale (al limite una parte di esso, p.es. il germe di grano), sono naturali l’acqua, la luce, il sole, le terre, le piante officinali (anche queste, solo se intere, fresche o ben conservate, o estratti o tinture ottenuti dall’intera pianta). 
Quelle compresse, polveri, gelée, pillole, capsule, quegli opercoli, estratti, granuli, non solo probabilmente non servono a niente, ma possono aumentare i rischi.
Primo perché non si tratta di alimentazione, ma di una vera e propria cura farmacologica, con tutti i rischi tossicologici di una nuova sostanza che viene a turbare – e non si sa neanche come e quanto – l’equilibrio chimico e metabolico del nostro corpo (Michele Carrubba, docente di farmacologia). E poi perché il ricorso alla presunta "àncora di salvezza" della compressa consente ai tantissimi che si alimentano male e conducono vita sedentaria (che già di per sé è ad alto rischio) di continuare a farlo con l’errata convinzione di "aver fatto tutto il possibile", di "curarsi", di "essere finalmente a posto" (Andrea Ghiselli, nutrizionista INRAN).


Fonte: alimentazione-naturale.blogspot.com