martedì 10 febbraio 2015

Il nostro sistema (in)sanitario (I° parte): una macchina da soldi


L'attuale nostro sistema sanitario non mira a permettere migliori esiti in termini di salute, ma è al servizio del profitto

Quando l'obiettivo del ciclo dell'informazione diventa il profitto invece della salute, ogni cosa al suo interno ne risulta distorta. La scienza, l'istanza che produce l'informazione a partire dalle materie prime della curiosità e dei finanziamenti, crea una monocultura di ricerca riduzionista al servizio del profitto, e non della salute. I risultati di questa ricerca, un limitato range di prove che esclude soluzioni olistiche semplice ed efficaci, vengano poi convertiti in una miriade di soluzioni temporanee e parziali che in definitiva non fanno che peggiorare la situazione. Proprio come una dieta a base di alimenti trasformati e privi di valore nutritivo non può essere metabolizzata per un funzionamento sano dell'organismo, una dieta di informazioni trattate e prive di saggezza non può essere metabolizzata dando luogo a politiche sociali sagge, compassionevoli o efficaci.
Ecco dunque come funziona il nostro ciclo dell'informazione distorto dal profitto. All'origine gli interrogativi che vengono posti hanno più a che fare con il potenziale profitto che non con i progressi per la salute umana. Perché prendersi la pena di pensare a temi che non attrarrebbero in finanziamenti necessari alla ricerca? Perché costruire una carriera su argomenti di ricerca che nessuno è disposto a finanziare? Così il sistema esclude in partenza di occuparsi di come convincere la gente a consumare cibi sani e privilegia temi che riguardano la produzione di pillole e pozioni che possono essere brevettate e vendute con alti margini di profitto.

Questi interrogativi costituiscono ciò che attualmente chiamiamo "scienza". Tutti i laboratori e le attrezzature scientifiche, le provette e i camici bianchi sono soltanto strumenti verso un unico fine: risposte agli interrogativi cui la scienza a rispondere. Tuttavia, a differenza di quanto accade in un ciclo dell'informazione sano, in questo caso la scienza non investiga utilizzando tutta la gamma delle metodologie di ricerca disponibili, ma si limita all'impiego di disegni di ricerca sperimentale estremamente riduzionisti che sono ritenuti gli unici strumenti idonei al raggiungimento dell'evidenza. Non a caso, questi studi sono quelli più adatti alla sperimentazione dei farmaci e meno indicati per la complessità della biologia e il cambiamento dei comportamenti. Ovviamente, questo limite sistemico produce una gamma di prove molto limitata, che viene poi riportata e spacciata come "la verità", quando invece si tratta di ben altro: una porzione molto ristretta di esperienza che riflette una serie ancor più ristretta di interrogativi posti da persone i cui obiettivi non sono dichiarati. Questa evidenza ha due destinatari principali: i media (di proprietà dell'industria e/o finanziati dalla pubblicità dell'industria) e i membri delle commissioni governative e dei centri di ricerca privati che stabiliscono le implicazioni sanitarie dei dati scientifici e raccomandano ai responsabili delle politiche di avvalersene. Ma il modo in cui questi due destinatari ricevono e utilizzano le prove è pesantemente mediato dall'industria.
L'industria infatti utilizza questo ristretto range di prove - o almeno quelle a cui il pubblico sembra rispondere - per creare nuovi prodotti (ossia merci e servizi) e per esercitare pressioni sul governo affinché dichiari che tali prodotti sono lo "standard terapeutico". Le procedure e i farmaci così etichettati vengono praticamente imposti ai medici e agli ospedali, che temono azioni legali in caso di deviazione da queste terapie standard. A mezzi di comunicazione largamente acritici l'industria dispensa comunicati stampa in cui vengono messi in primo piano solo le prove a favore dell'uso dei suoi prodotti. E poi distorce ulteriormente queste prove presentandole al pubblico sotto forma di pubblicità in cui i benefici occasionali vengono gonfiati a dismisura, mentre i ragguardevoli effetti collaterali sono riportati in caratteri minutissimi o recitati in fretta e in modo indistinto.
Le prove finiscono per essere filtrate e distorte, e presentate come più ampie e significative di quanto siano in realtà. Qualunque informazione sia in contrasto con ciò che ci si attende viene minimizzata o messa in dubbio. Che l'effetto sia intenzionale o meno, tutto questo permette all'industria di vendere meglio i propri prodotti, siano essi medicinali, procedure, nutraceutici, integratori, costosi plantari per scarpe da corsa o beveroni dietetici. Le raccomandazioni per la salute che ci sentiamo fare sono tutti messaggi del tipo: "I latticini sono indispensabili perché il calcio previene l'osteoporosi", oppure: "Se hai il colesterolo alto devi prendere le statine".
Con questo tipo di informazione, i gruppi di sostegno - gruppi di interesse professionale e organizzazioni per la raccolta di fondi - mobilitano il pubblico e raccolgono e donano denaro per le attività scientifiche. Dati i limiti della scienza cui fanno riferimento, le loro donazioni vengono devolute a coloro che cercano la pillola magica per la malattia di cui si occupano. Inoltre i gruppi di sostegno condizionano le politiche pubbliche con attività lobbistiche e di pubbliche relazioni: quale politico desidera essere bollato come "amico del cancro" perché non aderisce alle aspettative del progetto di turno?

L'articolo è un estratto del libro Whole, vegetale e integrale del dottor Campbell.

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