venerdì 29 marzo 2013

Isole di rifiuti in mare (I parte): il Pacific Trash Vortex


Il Pacific Trash Vortex, noto anche come Grande chiazza di immondizia del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch), è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico.

La sua estensione non è nota con precisione: le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un'area più grande della Penisola Iberica a un'area più estesa della superficie degli Stati Uniti), ovvero tra lo 0,41% e il 5,6% dell'Oceano Pacifico.
Valutazioni ottenute indipendentemente dall'Algalita Marine Research Foundation e dalla Marina degli Stati Uniti stimano l'ammontare complessivo della sola plastica dell'area in un totale di 3 milioni di tonnellate; nell'area potrebbero essere contenuti fino a 100 milioni di tonnellate di detriti.

L'esistenza della Grande chiazza di immondizia del Pacifico fu preconizzata in un documento pubblicato nel 1988 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli  Stati Uniti.
Queste indagini trovarono elevate concentrazioni di detriti marini accumulati nelle regioni dominate dalle correnti marine.
Una chiazza similare di detriti è presente anche nell'Oceano Atlantico.


Il centro di tale vortice è una regione relativamente stazionaria dell'Oceano Pacifico (ci si riferisce spesso a quest'area come la latitudine dei cavalli) al cui centro si accumulano notevoli quantità di rifiuti, soprattutto plastica, e altri detriti, a formare una enorme "nube" di spazzatura.
I rifiuti galleggianti di origine biologica sono spontaneamente sottoposti a biodegradazione, e in questa zona oceanica quindi si sta accumulando una enorme quantità di materiali non biodegradabili come la plastica e rottami marini. Anziché biodegradarsi, la plastica si fotodegrada, disintegrandosi in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono, la cui ulteriore biodegradazione è molto difficile. La fotodegradazione della plastica può produrre inquinamento da PCB.
Il galleggiamento di tali particelle, che apparentemente assomigliano a zooplancton, inganna le meduse che se ne cibano, causandone l'introduzione nella catena alimentare. In alcuni campioni di acqua marina presi nel 2001 il rapporto tra la quantità di plastica e quella dello zooplancton, la vita animale dominante dell'area, era superiore a sei contro uno.

L'inquinamento in mare è dovuto anche alle perdite di carico delle navi trasportatrici di merci.
La più famosa è avvenuta nel 1990, quando dalla nave Hansa Carrier sono caduti in mare ben 80.000 articoli, tra stivali e scarpe da ginnastica della Nike;  nel 1992 sono caduti in mare decine di migliaia di giocattoli da vasca da bagno e nel 1994 attrezzature per hockey su ghiaccio.
Altro episodio che ha aggravato la situazione è stato il maremoto del 2011 che ha riversato in mare notevoli quantità di rifiuti, di cui però solo una minima parte composti di plastica.

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