Lo studio dell'università di Copenaghen del 2008
Ecco un articolo del Corriere della Sera del 2008.
Meta-analisi dell'Università di Copenaghen - Secondo l'analisi di studi pubblicati negli anni passati potrebbero aumentare la mortalità (Corriere della Sera, 16 aprile 2008).
“Le pillole a base di integratori vitaminici potrebbero aumentare il rischio di mortalità, accorciando di fatto la vita di chi li assume.
L'allarme viene da uno studio della Copenaghen University, pubblicato su The Cochrane Collaboration e su JAMA. Gli scienziati, riesaminando 67 studi clinici randomizzati sulle pillole vitaminiche, hanno appurato che non c'è "nessuna prova convincente" che gli integratori facciano bene alla salute, mentre ve ne sarebbero sulla loro dannosità.
La metanalisi, cioè l'analisi di studi già pubblicati [ovvero, il riesame critico alla luce delle conoscenze scientifiche e delle più severe norme interpretative di oggi, di numerosi studi esistenti in letteratura scientifica, NdR], ha preso in considerazione ricerche che hanno coinvolto 232 mila partecipanti, confrontando chi aveva assunto integratori con chi aveva preso solo un placebo o non aveva avuto nessun trattamento. Gli integratori analizzati sono stati il beta-carotene (noto precursore della vitamina A, che è convertito in vitamina A retinolo nel corpo), la vitamina, la C, la E e il selenio.
"Non abbiamo trovato alcuna prova - sottolinea Goran Bjelakovich, il ricercatore che ha guidato la ricerca presso l'Università di Copenaghen - che prendendo integratori antiossidanti si riduca il rischio di morte precoce per persone sane o malate". Anzi, "i risultati mostrano che i soggetti a cui sono state somministrate beta-carotene, vitamina A e vitamina E hanno mostrato un aumento dei tassi di mortalità". Mentre "non vi è stata alcuna indicazione del fatto che la vitamina C e il selenio possano avere effetti positivi o negativi, abbiamo bisogno di più dati".
“Prese separatamente, alla vitamina A è stato associato un 16 per cento di aumento della mortalità, al beta-carotene, un 7 per cento e alla vitamina E un 4 per cento. In sostanza, riassume Bjelakovich, "le attuali evidenze scientifiche sconsigliano l'uso di integratori nella popolazione sana". Antiossidanti dannosi, dunque, ma sul perché i ricercatori non si sbilanciano: probabilmente "il loro uso eccessivo può alterare i processi fisiologici".
Lo studio originale di Bjelakovich e colleghi é consultabile su JAMA, rivista scientifica molto letta dai medici (che dopo preparatori di palestre e farmacisti sono i maggiori “prescrittori” di integratori), e conferma su ben 232.000 soggetti (non topi o ratti, ma esseri umani in carne e ossa) che gli integratori vitaminici e minerali sono inutili e apparentemente innocui, oppure inutili e addirittura dannosi.
Altri due studi: le prove non mancano
Ed ora due studi scelti casualmente tra migliaia, entrambi pubblicati dalla più importante rivista scientifica di nutrizione clinica al mondo, che illustrano chiaramente la differenza abissale in efficacia tra alimenti completi e integratori:
Il caso della mela e della vitamina c- Verdure e frutta hanno effetti benefici non per i singoli antiossidanti, fosse pure la vit. c "naturale", ma per la combinazione sinergica, questa sì, davvero naturale, dei vari principi attivi. (“Health benefits of fruit and vegetables are from additive and synergistic combinations of phytochemicals”. Rui Hai Liu. American Journal of Clinical Nutrition 78, 3, 517S-520S, September 2003)
Regular consumption of fruit and vegetables is associated with reduced risks of cancer,
cardiovascular disease, stroke, Alzheimer disease, cataracts, and some of the functional declines associated with aging. Prevention is a more effective strategy than is treatment of chronic diseases. The key question is whether a purified phytochemical has the same health benefit as does the whole food or mixture of foods in which the phytochemical is present. Our group found, for example, that the vitamin C in apples with skin accounts for only 0.4% of the total antioxidant activity, suggesting that most of the antioxidant activity of fruit and vegetables may come from phenolics and flavonoids in apples. We propose that the additive and synergistic effects of phytochemicals in fruit and vegetables are responsible for their potent antioxidant and anticancer activities, and that the benefit of a diet rich in fruit and vegetables is attributed to the complex mixture of phytochemicals present in whole foods.
I vegetali al naturale riducono il rischio cancro, ma non gli integratori di vitamine c ed e.
“Epidemiologic evidence for vitamin C and vitamin E in cancer prevention”. T Byers and N Guerrero. American Journal of Clinical Nutrition 62, 1385S-1392S.
Antioxidant nutrients have been hypothesized to be protective against cancer. Vitamin C is a major circulating water-soluble antioxidant, and vitamin E is a major lipid-soluble antioxidant. Many case-control and cohort studies have related cancer risk to estimates of nutrient intake derived from food intake reports. Diets high in fruit and vegetables, and hence high in vitamin C, have been found to be associated with lower risk for cancers of the oral cavity, esophagus, stomach, colon, and lung. Diets high in added vegetable oils, and hence high in vitamin E, have been less consistently shown to be associated with cancer protection. This may be because vitamin E offers less protection against cancer or because the estimation of vitamin E intake is less accurate than is the estimation of vitamin C intake. In contrast with the findings from epidemiologic studies based on foods, observational studies of nutrients consumed in supplements and recent experimental trials provide little support for a strong protective role for vitamins C or E against cancer. If vitamins C or E are indeed protective against cancer, that protection may derive from their consumption in complex mixtures with other nutrients and with other bioactive compounds as found in the matrix provided by whole foods.
Lo studio Hennekens
Hennekens et al. Lack of Effect of Long-Term Supplementation with Beta Carotene on the Incidence of Malignant Neoplasms and Cardiovascular Disease. N Engl J Med 1996; 334:1145-1149 May 2, 1996.
Uno studio che ha fatto epoca, noto come “Beta-carotene and retinol efficacy trial” (CARET), condotto su 18 mila fumatori o ex fumatori negli Stati Uniti a partire dal 1983 (era proprio l’epoca dei primi trionfanti esperimenti col beta-carotene sugli animali di laboratorio), fu addirittura interrotto d’urgenza nel gennaio 1996 quando ci si accorse che il gruppo che assumeva i supplementi di vitamina A (30 mg di beta-carotene e 25000 UI di retinolo al giorno) stava avendo molti più tumori ai polmoni (fino a +28%) e più decessi (+17%) del gruppo che riceveva un placebo.
Lo studio Goodman
Effetto ancora più marcato ha avuto l’integratore di beta-carotene in compresse su fumatori o esposti all’amianto, proprio le categorie che lo assumevano “per prevenire” o “curarsi”, come si vede nello studio integrale allegato (Goodman et al. 2004):
Goodman et al. The beta-carotene and retinol efficacy trial: incidence of lung cancer and
cardiovascular disease mortality during 6-year follow-up after stopping beta-carotene and retinol supplements. J Natl Cancer Inst. 2004,96(23),pp.1743-50
Supplementi di betacarotene (20 mg/die), inoltre non riducono i rischi di ricadute e comunque di malattie coronariche fatali in chi già ha subìto un infarto (Rapola et al. 1997) D’altra parte, i supplementi di vitamina C (secondo certe fonti il limite massimo sarebbe addirittura di 2000 mg/die) in realtà aumentano – di molto: fino al 40% – il rischio di ossalati e calcoli ai reni (Massey et al. 2005), e aumentano – di molto: 56% - il rischio di cataratta nelle donne (Rautiainen et al. 2009)
Qualche considerazione
Insomma, unendo le conclusioni dei tre importantissimi studi (che non sono isolati, ma suffragati da altre centinaia) è doveroso trarre le seguenti regole di comportamento alimentare e terapeutico.
Le potenti attività antiossidanti e antitumorali di verdura, frutta, legumi e alimenti integrali
sono molto probabilmente dovute agli effetti sinergici delle loro varie sostanze fitochimiche.
Infatti, la vitamina C nelle mele – analizzate con la buccia – fornisce solo lo 0,4% dell’attività antiossidante totale. Il che suggerisce che la maggior parte del potere antiossidante dei cibi vegetali deve provenire da polifenoli e flavonoidi (nel caso della mela, appunto, concentrati nella buccia). E infatti gli studi sugli integratori forniscono pochi sostegni all’ipotesi d’un forte ruolo protettivo per le vitamine isolate C o E contro il cancro. E se pure queste vitamine sono davvero protettive, questo può derivare dalla loro assunzione in miscele complesse insieme con altri nutrienti e altri composti bioattivi, come appunto accade nei cibi integrali.
E questo è un principio generale che vale, con rare eccezioni per tutte le sostanze contenute negli alimenti, quindi vitamine, sali minerali, aminoacidi ecc.
Insomma, nonostante che diversi studi affermino il contrario, non esiste evidenza scientifica che assumere vitamine, minerali, antiossidanti attraverso integratori abbia gli stessi effetti benefici sull'organismo che assumere regolarmente frutta e verdura, concludono i ricercatori nutrizionisti.
Al contrario, chi consuma integratori può cadere vittima d’una falsa sicurezza, cioè ritenere erroneamente di non dover curare e migliorare la propria alimentazione, dato che “assume già le sostanze” attraverso pillole, tavolette, polveri, soluzioni idroalcoliche ecc. (INRAN).
Neanche nel caso delle bevande gli integratori (salini o minerali) sono indispensabili, utili o sicuri: basta la semplice acqua (di rubinetto o in bottiglia), unita al consumo di verdura e frutta della dieta (v. monografia sulle acque da bere).
In alcuni casi, poi, all’inutilità e inefficacia degli “integratori” si aggiungono sofisticazioni o l’insufficiente percentuale del principio attivo vantato in etichetta rispetto all’olio o al vegetale fresco o al succo del vegetale (p.es. nel caso di alcune capsule di Omega-3), o addirittura l’assenza del principio attivo e del vegetale stesso (p.es. gli antocianosidi specifici), com’è risultato da un’indagine sugli “integratori di mirtillo”.
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