Le conseguenze principali all'approvazione dei trattati riguarderanno:
- l'impatto sul mercato del lavoro, soprattutto in settori, segnala commissione, come come quello dell’allevamento, della produzione di fertilizzanti, di bioetanolo e di zucchero),
- la proprietà intellettuale; le bozze del TTIP nasconderebbero un ritorno dello spirito e di interi paragrafi dell’ACTA (Anti-counterfeiting trade agreement), l’accordo multilaterale sulla proprietà intellettuale fortemente voluto dagli USA con cui il copyright avrebbe acquisito un potere legale e sanzionatorio enorme a scapito di un libero accesso alla cultura, concedendo alle multinazionali un potere di fatto illimitato sulla gestione dei dati personali degli utenti della rete a totale scapito della loro privacy. L’ACTA è stato fermato dal Parlamento europeo nel 2012 anche seguito delle gradi proteste che avevano attraversato il continente, ma rischia adesso risorgere dalle ceneri nei dettagli dell’accordo trans-atlantico. Insieme alla perdita della privacy e dei ‘diritti digitali’ per tutti gli utenti di internet, tale accordo darebbe mano libera ai colossi multinazionali a fare del web un sistema di monitoraggio e sorveglianza: una trappola per la libertà di informazione e di fruizione della comunicazione via web).
- la libertà degli investimenti; tra i capitoli più temuti del TPP e del TTIP, quello sugli strumenti di tutela legale della libertà di investimenti per i privati minaccia di trasformare davvero ogni forma di ‘bene comune’, dai servizi pubblici alle cure mediche, in merce da scambiare sul mercato per il profitto delle grandi corporations. Secondo le indiscrezioni fornite dal CEO, entrambi i trattati contemplerebbero la piena introduzione della libera concorrenza quale principio cui ogni servizio pubblico debba sottostare, considerando anche i ‘potenziali rischi’ e gli ‘investimenti mancati’ provocati dall’ingerenza dello Stato. Come già accaduto nel novembre 2012 in Canada, un casa farmaceutica potrebbe procedere legalmente contro uno Stato che limitasse la libertà di investimenti garantendo degli standard sanitari e medici a livello nazionale. Ciò avverrebbe principalmente attraverso un rafforzamento della normativa a favore della libertà di impresa e di un nuovo sistema di risoluzione delle contese tra stato e privati che permetterebbe alle multinazionali di denunciare i governi che non rispettassero ‘la libertà e protezione degli investimenti’ con lo strumento dell’arbitrato internazionale tra i firmatari dei trattati commerciali, sottraendosi ai tribunali nazionali e sovranazionali (come la Corte europea). I due trattati costituirebbero in questo modo una nuova sfera legale e giudiziaria a uso privato cui i singoli governi si troverebbero a cedere altri pezzi della propria sovranità, insieme alla tutela dei diritti fondamentali dei suoi cittadini. Possiamo soltanto immaginare come ciò possa tradursi non solo per l’Europa (e il sud Europa), ma anche per tutti quei contraenti deboli dell’accordo trans-pacifico (come il Cile e il Perù) che di fatto finirebbero per essere legalmenteincatenati ai ricatti delle grandi compagnie e dei loro investimenti predatori.
- l'ambiente e l'agricoltura; nella logica degli standard al ribasso tra Stati Uniti e resto del mondo finirebbero in pieno i regimi di tutela ambientale, climatica e agricola e, se consideriamo le scarse tutele americane in tema di emissioni inquinanti e uso di tecnologie e prodotti ‘invasivi’ nel campo agro-alimentare, vi sono serie ragioni per temere uno dei colpi più violenti alla salvaguardia dell’ambiente degli ultimi decenni. L’armonizzazione degli standard qualitativi tra le due sponde dell’atlantico potrebbe portare in Europa, come denunciato da diverse voci, all’abbandono del ‘principio precauzionale’ che finora ha tenuto alla larga gran parte degli OGM, dei capi bovini dopati con ormoni e dei volatili sterilizzati chimicamente, tipici del made in USA. Lo sviluppo delle bio-tecnologie alimentari, in primo luogo con la libera commercializzazione degli OGM, è proprio l’obiettivo delle campagne milionarie e decennali condotte da giganti multinazionali come la Monsanto, la DuPont e la Dow Chemical. Lo stesso vale per gli standard agricoli sull’uso dei pesticidi e la tutela del paesaggio che potrebbero realisticamente pendere dal lato del più ‘liberale’ regime americano, tutto a svantaggio di un più elevato livello di sicurezza della qualità del cibo, della produzione in biologico, e della tutela dell’agricoltura europea costretta a subire, in particolare nell’area mediterranea, il durissimo colpo di un’impari e aggressiva concorrenza statunitense.
- le banche e le società finanziarie; i padroni della finanza tra Stati Uniti ed Europa starebbero approfittando di questo ambizioso Round di negoziazioni per ottenere quello che, sotto gli occhi troppo attenti dell’opinione pubblica, difficilmente riuscirebbero a vedersi garantito dai governi nazionali in un momento di crisi simile: cioè un’ulteriore deregolamentazione del settore finanziario a livello globale. Attraverso il capitolo sulla tutela degli investimenti, le grandi società finanziarie potrebbero garantirsi ulteriori strumenti legali per il ‘risarcimento delle perdite’ e la tutela contro i rischi derivanti dal libero scambio di pacchetti di titoli più o meno tossici. Per quanto a parole l’intento dichiarato sia quello di una ‘regolamentazione prudente’ dei flussi finanziari, vi sono buone ragioni per sospettare, come fa il rapporto del CEO (pp. 22-23), che l’opposizione delle banche e dei governi inglese e tedesco, insieme ai colossi americani, saranno in fine determinanti nel ridurre al solo livello nazionale i regimi di controllo, favorendo un’ulteriore apertura dei mercati finanziari a livello atlantico.
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