Uno degli aspetti più importanti e poco discussi della globalizzazione (o meglio del Mercato liberale globalizzato) e del consumismo è il ruolo del singolo individuo nella "nuova" società (diventata un grande mercato), con in allegato le sue nuove paure, le sue nuove ansie, il suo nuovo stress, il suo nuovo bisogno di spazio, emancipazione, riaffermazione del potere personale lasciato per strada, divorato dall'evoluzione dei fatti.
L'industrializzazione (locale, nazionale) ha voluto le persone trasformate in macchine, ingranaggio del sistema, il cui compito unico era produrre, sempre. Ovviamente con dedizione e sacrificio, senza remore e tentennamenti, onde essere considerati "contro-sistema" e da isolare.
La globalizzazione, evoluzione ultima del modello dell'industrializzazione, ha allargato planetariamente i confini del mercato e ha appesantito il ruolo individuale all'interno della società, arricchendolo di nuovi problemi.
Così, se da un lato le potenzialità del Mercato globale (ove il Mondo è un unico luogo ove mercantilizzare ogni cosa) generano (sulla carta) possibilità incredibili di scelta di lavoro e di scelta del prodotto da consumare, dall'altro annientano il peso del singolo e la dipendenza di questo dal sistema.
L'analisi sociologica e culturale vede il cittadino globale alla deriva, con difficoltà di affermazione, con perdita di potere politico ed economico, nonchè di sovranità.
Egli è solo, indifeso, vittima e complice di un gioco auto-distruttivo.
Lo stato, che dovrebbe tutelarlo, è in realtà vittima a sua volta del Mercato, sottomesso e controllato dai nuovi potenti, la finanza, le multinazionali (o trasnazionali) e le banche.
Il degrado dei rapporti sociali (a discapito degli unici che devono esistere per il Mercato, vale a dire quelli ove gira l'economia e il dio denaro) sono una delle altre conseguenze, come il degrado dei rapporti familiari, dell'etica, della moralità e della spiritualità.
Ed è così che l'uscita dal tunnel è la riaffermazione dei diritti del singolo, della società come unione di individui attivi e partecipativi.
Riaffermazione che deve essere in primis etica e morale e deve riguardare il cambiamento dell'approcio alla vita (sociale o economica che sia). Deve avere come traguardo principale il riappropriarsi del potere politico, il concentrarsi sulle relazioni e sui rapporti, sulle attività culturali, sportive, di solidarietà, svincolandosi dall'ossessione del soldo e del lucro su ogni cosa.
Ancora, riaffermazione che punti al concetto di comunità e di aiuto reciproco, nonchè di ascolto, di comprensione, di dialogo, di risoluzione comune dei problemi. Il tutto non solo verso e per gli umani, ma verso e per l'ambiente e la natura. Ripartire dalla Terra, bene comune e patrimonio di tutti, da tutelare, da sorvegliare, da coltivare. Così per gli animali (selvatici o d'allevamento che siano), le piante, i boschi, i fiori e i frutti.
Rielevare il rispetto prima del consumo e dell'abuso, questo deve essere il comandamento.
E come si fa?
Bisogna rimettersi in gioco, tornare ad assumersi le proprie responsabilità, agire in prima persona, modificare il proprio stile di vita e i propri bisogni; occorre modificare il proprio pensiero e aggiornare i veri obbiettivi della propria vita.
Non serve lamentarsi e sperare che qualcuno modifichi il gioco. Non serve sperare e rimanere inermi nel fango.
Bisogna agire.
Innanzitutto in prima persona. Come segnale, verso se stessi e verso chi ci sta intorno.
Che sia usare la bici al posto della macchina, diventare vegetariani, boicottare (o cercare di farlo) le multinazionali, accedere ai mercati locali o ai gas, passare all'uso delle energie rinnovabili, coltivare l'orto, limitare gli sprechi, eliminare il superfluo, e milioni di altri semplici gesti.
Con l'obbiettivo di agire insieme. Uniti, perchè da soli si fa poca strada.
Il concetto di società, di popolo, vuole che il benessere della comunità sia l'imperativo.
E così deve tornare ad essere. Bisogna accantonare l'egoismo, l'individualismo e procedere insieme verso una nuova via, più equa, più appagante.
Concentrarsi su nuovi modelli di società basati non sull'economia del pil come indicatore, ma fondata sulle persone, sugli individui, seguendo i bisogni umani e non del Sistema.
Modelli che rilancino le passioni, le predisposizioni, le motivazioni. Che abbiano un approcio più reale e concreto verso i problemi e che cerchino di risolverli al posto di nasconderli o non considerarli. Modelli di sovranità e democrazia popolare, di politica dal basso, di affermazione del popolo come colui che detta il sistema e non ne è succube.
L'auspicio è che un giorno il sistema Mercato possa essere un ricordo definitivo, accantonato
come un esperimento mal riuscito e considerato come un brutto, ma passato, ricordo.
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