La promessa non mantenuta dopo la Prima guerra mondiale
Dopo la Prima guerra mondiale (e il conseguente smembramento dell’Impero ottomano nei vari paesi del Medio Oriente), era stata prevista anche la creazione di un Kurdistan per il popolo curdo.
I 14 punti di Wilson e la promessa dell’autodeterminazione dei popoli come principio fondamentale del nuovo ordine mondiale, accesero le speranze indipendentiste curde. Queste promesse, almeno in parte, sembrarono realizzarsi nel trattato di Sèvres, l’accordo di pace firmato il 10 agosto del 1920 tra Francia, Gran Bretagna, Italia, Grecia, Giappone e Impero Ottomano, quest’ultimo uscito sconfitto dalla guerra.
Ma in seguito alla guerra d’indipendenza turca, dopo un anno e mezzo di scontri, nel 1923 Ataturk trionfò, scacciando le potenze straniere e abolendo il Sultanato. Come primo presidente della Turchia, firmò un nuovo trattato di pace, il Trattato di Losanna, nel 1924.
Ataturk riuscì a ottenere la rimozione di qualsiasi riferimento al Kurdistan indipendente, delimitando i confini della Turchia che ancora oggi conosciamo in cambio del riconoscimento delle colonie occidentali nelle ex-province ottomane.
Lo sfruttamento curdo durante la Seconda guerra mondiale e gli anni '70
Dopo la Seconda guerra mondiale, i curdi furono più volte sfruttati dagli Stati Uniti nell’ambito della Guerra fredda.
La peculiare condizione del popolo curdo, presente in quattro grossi paesi mediorientali e pronto ad accettare l’aiuto e le armi di chiunque si fosse reso disponibile, lo rendeva lo strumento perfetto di varie operazioni di destabilizzazione compiute nel corso della Guerra fredda nella regione. Le conseguenze del fallimento o dell’abbandono di queste operazioni, però, furono subite esclusivamente dai curdi.
Negli anni Settanta, gli Stati Uniti sostennero un piano dell’Iran (che al tempo era un paese alleato), per armare i curdi iracheni contro il regime di Saddam Hussein. L’obiettivo era di indebolire l’esercito iracheno, ma non abbastanza da sconfiggerlo, per non rischiare che anche i curdi iraniani si ribellassero. Per tre anni Stati Uniti e Iran sostennero la rivolta curda in Iraq, con migliaia di perdite curde, ma nel 1975 Iran e Iraq trovarono un accordo. Il sostegno americano e iraniano ai curdi si interruppe improvvisamente, e i curdi si trovarono da soli ad affrontare la repressione di Saddam Hussein: migliaia di persone furono uccise.
Gli anni ottanta e novanta: storie di innumerevoli genocidi
Negli anni Ottanta in Iran aveva preso il potere una dittatura teocratica. Gli Stati Uniti, in opposizione all'espansione dello stato iraniano, appoggiarono il regime di Saddam Hussein. Ne scaturì una guerra in cui Saddam mise in atto un genocidio contro la popolazione curda, che aveva ripreso a ribellarsi. Nella seconda metà degli anni Ottanta le forze irachene uccisero tra le 50 mila e le 180 mila persone curde. Vennero usate armi chimiche; per esempio nella città di Halabja nel 1988 furono uccise circa 5.000 persone, in gran parte civili.
Negli anni Novanta gli Stati Uniti entrarono in guerra contro l’Iraq, nella Prima guerra del Golfo, per difendere il Kuwait invaso da Saddam. Le forze americane spinsero rapidamente l’esercito iracheno fuori dal Kuwait. Dopo la dichiarazione dell'allora presidente americano Bush («L’esercito iracheno e il popolo iracheno [devono] prendere in mano la situazione e obbligare Saddam Hussein, il dittatore, a ritirarsi», i curdi iracheni iniziarono una grande rivolta armata sperando nell’intervento americano. Migliaia di curdi furono uccisi dalla brutale repressione irachena, senza che nessuno si muovesse in loro soccorso.
La storia recente: dal tradimento americano a quello della NATO
Nella storia recente, meno di un decennio fa (precisamente nel 2014) il gruppo terroristico dello Stato Islamico (ISIS) conquistò la gran parte di Siria e Iraq.
L’amministrazione americana (con Obama presidente) fece ricorso ai curdi che divennero i soldati sul campo: per anni furono i curdi la forza principale che combatté e infine sconfisse l’ISIS sul campo, armati dagli Stati Uniti e sostenuti dai bombardamenti dell’aviazione americana.
I curdi siriani riconquistarono all'ISIS ampi territori nel nord della Siria e iniziarono a governarli in sostanziale autonomia. Speravano di avere l’appoggio degli Stati Uniti.
Dopo la sconfitta dell’ISIS, gli Stati Uniti mantennero un contingente di circa 1.000 soldati nella regione, per sorvegliare l’area ma anche, indirettamente, per proteggere i curdi.
L’alleanza di fatto tra curdi e Stati Uniti era però un problema per il presidente turco Erdogan, che temeva che la creazione di un’entità politica curda forte nel nord-est della Siria, giusto al confine con la Turchia, avrebbe creato sommovimenti anche tra i curdi turchi, con cui Erdogan è in guerra da anni.
Nel 2019, in seguito all'elezione di Trump, Erdongan propose la creazione di una “safe zone”, una specie di zona cuscinetto, nel nord della Siria, la cui sicurezza sarebbe stata garantita dall’esercito turco.
Trump accettò e la Turchia invase il nord-est del paese, dove si trovavano le forze curde.
L’ultimo tradimento è di questi giorni: alcune decine di dissidenti potrebbero essere estradati in Turchia dalla Finlandia e dalla Svezia, perché accusati di essere terroristi o fiancheggiatori del terrorismo. Il tutto in cambio dell'annessione alla NATO di Finlandia e Svezia.
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