giovedì 26 febbraio 2015

L'associazione a delinquere banca-stato (III° parte): il politico


Ogni soggetto agisce per il proprio supposto interesse, nelle varie forme che questo assume. In particolare, i soggetti agiscono secondo il proprio interesse anche quando per legge o contratto sono preposti alla cura degli interessi di soggetti diversi da loro, come è il caso dei governanti, degli amministratori, dei parlamentari, dei politici, dei sindacalisti.
Chiameremo questi soggetti "i politici". 
Il politico esercita la propria carica in modo di massimizzare i propri vantaggi personali o di gruppo, così come il manager di una public company amministra questa per il proprio vantaggio (stabilità dell'incarico, maggior remunerazione, opportunità di insider trading, di collocare amici e parenti etc.) anziché per l'interesse degli azionisti. 
In entrambi questi casi, l'interesse degli amministrati viene perseguito dagli amministratori in funzione strumentale al proprio personale. Gli amministrati devono essere accontentati, o più esattamente messi in condizione che, se non sono contenti, il loro scontento non abbia conseguenze nocive per gli amministratori.
Un potente strumento per massimizzare il potere e l'utilità, è la ridistribuzione del reddito: quanto più un regime toglie al produttore o proprietario di ricchezza, tanto più può gestire per comperare consenso e voti (compresa la repressione o prevenzione del dissenso) oltreché per arricchirsi. 
I beneficiari della ridistribuzione formano un serbatoio di voti che sono espressione di posizioni privilegiate perlopiù contrarie agli interessi collettivi, e che condizionano la politica. 
Il debito pubblico rende al politico sia mentre lo contrae - perché con esso compera consenso - che dopo che l'ha contratto - perché giustifica un forte prelievo fiscale. Il tasso di prelievo fiscale è il più importante, preciso e oggettivo indice della disfunzionalità di un establishment e di non-democraticità del regime.
Al fine di conservare il consenso, la legittimazione, quindi il potere, al politico è necessario mimetizzare il carattere utilitario ed egoistico dei propri fini. Anzi, solitamente la dialettica politica vede una convenzione tra i competitori politici che, per un comune interesse, evitano di discutere pubblicamente la politica nei termini del principio di interesse.
In base a quanto detto sopra, la dialettica politica viene condotta in termini ideologici, etici, di interesse collettivo, ma quasi mai in termini di interessi personali o di fazione dei competitori politici. 
Ciò rende il dialogo politico ingannevole e poco efficace ai fini della democrazia.
La mascheratura dello scopo utilitario perseguito da parte dei politici è aiutata da esigenze psichiche dei governati: l'esigenza di credere nella moralità e giustizia del potere e di credere nell'esistenza di un potere genuinamente rivolto al bene collettivo e alla tutela della legge; la tendenza a proiettare tratti e funzioni parentali sullo Stato; la tendenza a personificare le istituzioni - in generale, il bisogno di sentirsi in una relazione personale col potere e di poterlo in qualche modo influenzare, analogamente a come i primitivi personificano fenomeni naturali (come la pioggia, il tuono, il fulmine) per porsi in relazione e mediazione con essi (magia, preghiere e sacrifici al dio della pioggia etc.). 
Per la psiche è difficile accettare l'impotenza, soprattutto verso qualcosa che si deve subire (il potere).


Come si recluta il consenso popolare

La conquista e il mantenimento del potere richiedono la collaborazione di un'organizzazione - la quale a sua volta richiede finanziatori, che sono i beneficiari in pectore della scalata al potere del loro finanziato e consenso popolare; ma il popolo, e soprattutto le classi medie più produttive, sono l'oggetto dello sfruttamento economico dell'establishment.
Il consenso popolare viene reclutato in diversi modi: 
a) mediante il somministrare al popolo valori mitici-simbolici (patriottismo, nazionalismo, dio, re, gloria, socialismo, Mani Pulite etc); 
b) mediante l'inganno (far credere in vantaggi futuri o presenti, che non sono reali - come il risanamento della finanza, della previdenza); 
c) mediante il ricatto (del fiscalismo redistributivo, del terrorismo fiscale o poliziesco); 
d) mediante la complicità nell'illegalità coi governanti (ciascun elettore o gruppo di elettori è guidato dal vantaggio illecito che gli deriva dal sostenere il politicante dedito all'illecito su scala maggiore - vedi le numerosissime preferenze dei politicanti più corrotti del recente passato);
e) mediante la paura di un nemico esterno, contro cui solo uno Stato forte e "creduto" può difenderci.

Fonte: Euroschiavi, Marco Della Luna e Antonio Miclavez

martedì 24 febbraio 2015

L'associazione a delinquere banca-stato (II° parte): l'essenza dello stato? riscuotere e spartire (tra i governanti) le tasse!


Come dimostra la storia del Basso Impero Romano e di tutta la Repubblica Italiana, l'essenza dello Stato, quella che resiste fino all'ultimo, quando il resto cade a pezzi, è la riscossione e la spartizione (tra i governanti) del gettito fiscale

Tutto il resto, soprattutto le pretese etiche e ideologiche, ossia ogni spiegazione dello stato e della politica non centrata sul movente egoistico dell'agire umano, è strumento, camuffamento morale, fumo negli occhi per gli ingenui.  
La dialettica politica visibile è sovente niente più che l'arte di sviare l'attenzione della gente da ciò, soprattutto mediante l'ideologia e la morale di copertura, opportunamente mistificate e strumentalizzate (nazionalismo, solidarismo, religione etc), così da ottenere la collaborazione e il consenso.
Lo stato origina dalla riuscita attuazione di una periodica riscossione fiscale su uno stabile insieme di soggetti da parte di un altro insieme di soggetti - e a essa si riduce nei momenti di grave decadenza. 
Lo stato è lo strumento mediante cui il secondo insieme di soggetti si mantiene al potere, si auto-legittima e si arricchisce a spese del primo insieme di soggetti. Le istituzioni sono sempre quelle cose che stanno al punto terminale del flusso tributario.

Il Sovrano lega a sé - questo è il patto sociale - i suoi vassalli - a diritto quindi definibili suoi pari, contrattualmente parlando - col renderli beneficiari del gettito fiscale a condizione che sostengano il suo potere sui sudditi; i quali, al contrario di quanto si insegna, non sono e non possono esser parte o soggetti del patto sociale, proprio perché questo si basa su un privilegio concesso a loro spese.
Essi sono, sempre, l'oggetto del patto sociale - quindi non devono sapere di esserlo, altrimenti potrebbero ribellarsi, o non collaborare. Da qui l'essenzialità di imbonirli con miti, mistificazioni di legittimità e di moralità e di doverosità.
Ogni regime richiede consenso e collaborazione della gente per funzionare".
"I termini "destra" e "sinistra", in senso politico, come si dirà meglio in seguito, denotano rispettivamente le mistificazioni basate sul trascendente (dio, patria, nazione, razza, onore, re, fedeltà: destra) e sull'immanente (eguaglianza, libertà, solidarietà, socialismo - ideali legittimatori della ribellione all'oppressivo regime dei "padri" e dei "padroni" e ai suoi "falsi" valori trascendenti: sinistra).
Questi miti funzionano perché vulgus vult decipi - il popolo vuole essere ingannato.
Ciò rende possibile la democrazia e preziosi i produttori-gestori di miti.
Altrimenti detto, lo stato è un quid bipolare, dove un polo è costituito dall'associazione dei prenditori-beneficiari delle tasse, pattiziamente coalizzato da tale vantaggio; e l'altro polo dal gregge dei contribuenti (e dei prestatori coatti di lavoro). Quando in una popolazione si forma tale bipolarismo; allora possiamo dire che essa si è costituita in stato.

Fonte: Le chiavi del potere, Marco della Luna

martedì 17 febbraio 2015

L'associazione a delinquere banca-stato (I° parte): cari amici italiani ed europei, lo sapevate che...?


Cari amici italiani ed europei, lo sapevate che...? 
Il debito pubblico è stato creato con un abuso incostituzionale e le tasse che paghi a causa di esso quindi incostituzionali.
Banca d'Italia S.p.A., autorizzata a creare in modo autonomo denaro dal nulla senza garanzie auree o di altro tipo, è illegalmente dal 1948 di proprietà privata.
• I suoi azionisti (detti "partecipanti") sono le altre banche private e assicurazioni private. Il debito pubblico dello Stato, quindi dei cittadini, nasce a loro beneficio.
• Gli istituti di emissione monetaria, come la Banca d'Italia e la Banca Centrale Europea, realizzano enormi profitti, vendendo il denaro, che producono a costo zero, in cambio di titoli di stato - profitti pari, grosso modo, al debito pubblico - ma questi profitti non appaiono nei loro bilanci, quindi non vengono rimessi agli Stati né pagano tasse, perché, nel bilancio, li si "copre" appostando come debito la massa monetaria, la quale però assolutamente non costituisce debito per quelle banche né per altri.
• La Banca d'Italia dovrebbe, per statuto, vigilare sulla correttezza delle altre banche; ma essa stessa è di proprietà di banche private, le quali nominano il suo governatore e i suoi direttori; quindi questi dovrebbero sorvegliare chi li nomina - cosa del tutto improbabile.
Le tasse vanno in gran parte a pagare il debito pubblico (salito in Italia al 105% del p.i.l.) e gli interessi su di esso (ammontanti circa al 16% della spesa pubblica - v. DPEF 2004); quindi finiscono in tasca ai proprietari privati della Banca d'Italia e della Banca Centrale Europea, e non per spese di interesse collettivo.
• Per arricchirli, il debito pubblico viene continuamente fatto crescere - e ciò non solo in Italia e non solo di recente.
• L'organizzazione a monte di questo sistema di potere bancario è internazionale: in quasi tutti gli altri Paesi, infatti, la situazione è simile a quella italiana.
• Tale sistema, di cui i mass media si guardano bene di parlare (come pure i sindacalisti, i parlamentari, i ministri, i presidenti) ha prodotto nel tempo, e ancor oggi sempre più produce, un enorme e sistematico trasferimento di beni e di ricchezze dalle tasche dei cittadini a quelle dei banchieri, ma anche un trasferimento del potere politico dalle istituzioni democratiche alle mani dei banchieri sovranazionali.
• Il vero potere politico ed economico, a livello mondiale e nazionale, sta in questi meccanismi, ignoti a tutti o quasi; essendo sconosciuti, essi sono ancor più efficaci.
• Il Trattato di Maastricht, l'Euro, la Banca Centrale Europea, sono strumenti di completamento di questo trasferimento. 
La corrente mancanza di denaro, la crisi economica, i fallimenti e le privatizzazioni sono pilotati da finanzieri internazionali attraverso governi a sovranità limitata, e vanno a loro vantaggio.
La soluzione efficace è ben nota ed è stata ripetutamente proposta: restituire al popolo, quindi allo Stato, la funzione sovrana dell'emissione del denaro, in modo che non si debba più indebitare.
• Il risultato sarebbe: tasse quasi eliminate, denaro a costo zero per lo stato e la Pubblica Amministrazione, economia fiorente; potere politico democratico anziché in mano alle banche.
• Ovviamente, gli unici danneggiati da questa riforma sarebbero i banchieri. 
• E anche stata proposta una soluzione parziale: la moneta complementare, sull'esempio di migliaia di realtà nel mondo.
• Sono state proposte e talora attuate, nella storia, anche soluzioni radicali, e hanno funzionato: l'emissione di denaro da parte dello Stato, direttamente e sovranamente, senza l'inutile intermediario di una banca centrale di emissione.

Fonte: Euroschiavi, Marco Della Luna e Antonio Miclavez

sabato 14 febbraio 2015

Il nostro sistema (in)sanitario (Ii° parte): una questione di scelte obbligate


Il significato di tutto questo è che, nel sistema attuale, non abbiamo la libertà di scelta, ma solo scelte obbligate: possiamo decidere solo fra terapie a base di pillole "magiche" ugualmente inefficaci. Compriamo quello che ci vendono, ci arruoliamo nelle eterno crociate contro le malattie gravi, seguiamo le raccomandazioni ufficiali per la salute (ignorarle, infatti, ci sembra sciocco e rischioso) e dedichiamo tempo, denaro ed energia alla nostra associazione preferita per la lotta contro le malattie. Tutto questo allo scopo di ottenere una salute migliore per noi stessi e poi per gli altri, anche se tutto ciò che ne ricaviamo è un ciclo infinito di sempre maggior confusione, malattia e infine di morte, mentre al tempo stesso riempiamo le tasche di chi controlla e gestisce il sistema. E a ben guardare, vi renderete conto che noi, consumatori, comprando senza discutere i prodotti creati da un'industria ossessionata dal profitto, siamo anche coloro che finanziano questo disastro. Ecco perché una delle cose più importanti che chiunque di noi possa fare è migliorare la propria alimentazione e la propria salute: possiamo "votare con i soldi che spendiamo" contro questo sistema, scegliendo di non farne parte. Meno compriamo, e meno denaro l'industria può investire per distorcere le ricerca scientifica e le politiche pubbliche.
Gli effetti negativi non sono comunque l'obiettivo dell'attuale sistema. Sono semplicemente effetti collaterali inevitabili dell'obiettivo primario: profitti sempre in crescita per le diverse industrie le cui attività costituiscono e mantengono in funzione il sistema. Questa storia non nasce dai cattivi propositi di individui scellerati: al contrario, la maggior parte della gente che contribuisce a questo grande disastro crede davvero di fare la cosa giusta. Stanno facendo la guerra al cancro. Sono sul punto di scoprire i segreti sui nostri geni. Mettono i nutrienti ritenuti indispensabili in pillole e alimenti. Stanno compiendo grandi progressi nelle tecniche chirurgiche. Mirano a ridurre il costo delle calorie per la gente povera. Stanno producendo proteine animali in modo più efficiente. Intendono segnalare le nuove scoperte scientifiche a un pubblico affamato di consigli per perdere peso e guadagnare in salute. Eppure queste meravigliose intenzioni finiscono per favorire i profitti e la diffusione delle malattie.
Non si sta "sparlando" del capitalismo, del mercato libero e del profitto: è naturale che tutti gli elementi in un sistema facciano il possibile per sopravvivere e prosperare. In effetti, questa motivazione collettiva è la base per la stabilità e la resilienza dell'intero sistema. Le foreste possono sopravvivere millenni (purché non le si abbatta) non certo perché tutti gli organismi che le abitano siano altruisti o "gentili" gli uni con gli altri, ma perché ognuno si prende cura dei propri interessi in un modo che contribuisce anche al benessere degli altri. Ma l'obiettivo del sistema chiamato "foresta" è raggiungere il massimo della biomassa e della biodiversità in modo da ricompensare tutti gli elementi che contribuiscono a questo fine. Gli alberi che lasciano cadere le foglie vengono ripagati dalla grande ricchezza della vita in decomposizione che trasforma quelle stesse foglie in sostanze nutritive, che così alla fine ritornano all'albero. Gli uccelli che espellono azoto restituendolo al terreno vengono ricompensati da una grande disponibilità di vermi che vivono nel tappeto di foglie cadute a terra, a loro volta cresciute grazie all'azoto degli uccelli. E così via. Il problema, nel caso del nostro sistema sanitario non è il comportamento egoista dei singoli individui, bensì la scelta dei comportamenti egoistici da premiare e da punire in un sistema il cui obiettivo è il profitto anziché la salute. E questo problema non riguarda il mercato libero, ma è piuttosto il risultato di un mercato manipolato dai suoi esponenti più forti, spesso in collusione con un governo molto lontano dai cittadini di cui dovrebbe essere al servizio.
I sistemi si consolidano in modo naturale: se così non fosse, non potrebbero sopravvivere nel tempo. In questo caso l'attività del nostro sistema sanitario genera poteri forti che avvalorano il principio del profitto invece di quello della salute. Questo dà luogo a poteri altrettanto forti che mantengono in vigore l'attuale sistema, permettendogli di resistere ad ogni tipo di evidenza scientifica che dimostri che le cose si potrebbero fare con più intelligenza, con minor dispendio di denaro e migliori risultati. Ma i sistemi alla fine crollano, quando le loro risorse non riescono a sostenerne gli obiettivi in modo continuativo: questo capita quando i costi elevati del nostro sistema insanitario, in termini economici come in termini di salute, minacciano di demolire l'intera società.
In un sistema che persegue il benessere pubblico invece del profitto di pochi, le aziende e gli individui potrebbero continuare a guadagnare un sacco di soldi, allo stesso modo in cui le querce e gli alberi di noce possono crescere alti nella foresta. Ma lo farebbero in un modo sostenibile a tempo indeterminato. perché anche gli altri elementi del sistema godrebbero di ottima salute.

L'articolo è un estratto del libro Whole, vegetale e integrale del dottor Campbell.

martedì 10 febbraio 2015

Il nostro sistema (in)sanitario (I° parte): una macchina da soldi


L'attuale nostro sistema sanitario non mira a permettere migliori esiti in termini di salute, ma è al servizio del profitto

Quando l'obiettivo del ciclo dell'informazione diventa il profitto invece della salute, ogni cosa al suo interno ne risulta distorta. La scienza, l'istanza che produce l'informazione a partire dalle materie prime della curiosità e dei finanziamenti, crea una monocultura di ricerca riduzionista al servizio del profitto, e non della salute. I risultati di questa ricerca, un limitato range di prove che esclude soluzioni olistiche semplice ed efficaci, vengano poi convertiti in una miriade di soluzioni temporanee e parziali che in definitiva non fanno che peggiorare la situazione. Proprio come una dieta a base di alimenti trasformati e privi di valore nutritivo non può essere metabolizzata per un funzionamento sano dell'organismo, una dieta di informazioni trattate e prive di saggezza non può essere metabolizzata dando luogo a politiche sociali sagge, compassionevoli o efficaci.
Ecco dunque come funziona il nostro ciclo dell'informazione distorto dal profitto. All'origine gli interrogativi che vengono posti hanno più a che fare con il potenziale profitto che non con i progressi per la salute umana. Perché prendersi la pena di pensare a temi che non attrarrebbero in finanziamenti necessari alla ricerca? Perché costruire una carriera su argomenti di ricerca che nessuno è disposto a finanziare? Così il sistema esclude in partenza di occuparsi di come convincere la gente a consumare cibi sani e privilegia temi che riguardano la produzione di pillole e pozioni che possono essere brevettate e vendute con alti margini di profitto.

Questi interrogativi costituiscono ciò che attualmente chiamiamo "scienza". Tutti i laboratori e le attrezzature scientifiche, le provette e i camici bianchi sono soltanto strumenti verso un unico fine: risposte agli interrogativi cui la scienza a rispondere. Tuttavia, a differenza di quanto accade in un ciclo dell'informazione sano, in questo caso la scienza non investiga utilizzando tutta la gamma delle metodologie di ricerca disponibili, ma si limita all'impiego di disegni di ricerca sperimentale estremamente riduzionisti che sono ritenuti gli unici strumenti idonei al raggiungimento dell'evidenza. Non a caso, questi studi sono quelli più adatti alla sperimentazione dei farmaci e meno indicati per la complessità della biologia e il cambiamento dei comportamenti. Ovviamente, questo limite sistemico produce una gamma di prove molto limitata, che viene poi riportata e spacciata come "la verità", quando invece si tratta di ben altro: una porzione molto ristretta di esperienza che riflette una serie ancor più ristretta di interrogativi posti da persone i cui obiettivi non sono dichiarati. Questa evidenza ha due destinatari principali: i media (di proprietà dell'industria e/o finanziati dalla pubblicità dell'industria) e i membri delle commissioni governative e dei centri di ricerca privati che stabiliscono le implicazioni sanitarie dei dati scientifici e raccomandano ai responsabili delle politiche di avvalersene. Ma il modo in cui questi due destinatari ricevono e utilizzano le prove è pesantemente mediato dall'industria.
L'industria infatti utilizza questo ristretto range di prove - o almeno quelle a cui il pubblico sembra rispondere - per creare nuovi prodotti (ossia merci e servizi) e per esercitare pressioni sul governo affinché dichiari che tali prodotti sono lo "standard terapeutico". Le procedure e i farmaci così etichettati vengono praticamente imposti ai medici e agli ospedali, che temono azioni legali in caso di deviazione da queste terapie standard. A mezzi di comunicazione largamente acritici l'industria dispensa comunicati stampa in cui vengono messi in primo piano solo le prove a favore dell'uso dei suoi prodotti. E poi distorce ulteriormente queste prove presentandole al pubblico sotto forma di pubblicità in cui i benefici occasionali vengono gonfiati a dismisura, mentre i ragguardevoli effetti collaterali sono riportati in caratteri minutissimi o recitati in fretta e in modo indistinto.
Le prove finiscono per essere filtrate e distorte, e presentate come più ampie e significative di quanto siano in realtà. Qualunque informazione sia in contrasto con ciò che ci si attende viene minimizzata o messa in dubbio. Che l'effetto sia intenzionale o meno, tutto questo permette all'industria di vendere meglio i propri prodotti, siano essi medicinali, procedure, nutraceutici, integratori, costosi plantari per scarpe da corsa o beveroni dietetici. Le raccomandazioni per la salute che ci sentiamo fare sono tutti messaggi del tipo: "I latticini sono indispensabili perché il calcio previene l'osteoporosi", oppure: "Se hai il colesterolo alto devi prendere le statine".
Con questo tipo di informazione, i gruppi di sostegno - gruppi di interesse professionale e organizzazioni per la raccolta di fondi - mobilitano il pubblico e raccolgono e donano denaro per le attività scientifiche. Dati i limiti della scienza cui fanno riferimento, le loro donazioni vengono devolute a coloro che cercano la pillola magica per la malattia di cui si occupano. Inoltre i gruppi di sostegno condizionano le politiche pubbliche con attività lobbistiche e di pubbliche relazioni: quale politico desidera essere bollato come "amico del cancro" perché non aderisce alle aspettative del progetto di turno?

L'articolo è un estratto del libro Whole, vegetale e integrale del dottor Campbell.

martedì 3 febbraio 2015

La new economy (III° parte): gli scenari futuri


Nel corso della fase espansiva della new economy si è assistito allo spostamento della creazione monetaria dalla sfera bancaria a quella finanziaria borsistica. Le banche centrali, e quella americana in particolare, hanno di fatto assecondato la domanda di liquidità proveniente dalle attività finanziarie, al punto che oggi si rimprovera ad Alan Greenspan di non essere intervenuto per tempo a smorzare gli eccessi borsistici aumentando i tassi di interesse. Il fatto è che i processi di mimetizzazione su scala mondiale all’origine dello spostamento del risparmio collettivo sui mercati borsistici hanno avuto riscontri reali negli aumenti di produttività del lavoro. Il problema è che la crescita borsistica ha avuto effetti prevalentemente sul lato della offerta di beni e servizi, in particolare nel settore delle tecnologie comunicative, fino a scatenare una crisi da sovrapproduzione.
I titoli azionari che hanno lubrificato la new economy non sono propriamente monete. La loro liquidità è solo parziale nel senso che non sono accettate come strumenti universali di scambio. Tuttavia, il loro spazio di circolazione è ormai straordinariamente vasto, non solo in quanto mezzi di riserva, ma anche in quanto mezzi di scambio per determinate transazioni. Lo si vede quando un’impresa ne acquista un’altra con l’aiuto delle proprie azioni, o meglio ancora quando un dirigente accetta d’essere remunerato con stocks options. Per questa ragione possiamo considerare le azioni come costituenti una forma embrionale di moneta anche se non permettono ancora d’acquistare dei beni di consumo. La questione di sapere se questa forma può arrivare a maturità, se può diventare una moneta nel senso pieno del termine, è in un certo senso la sfida posta in essere dalla crisi della new economy perché un tale compimento significherebbe un mutamento radicale del principio di sovranità.
Abbiamo visto come la finanziarizzazione ruoti attorno al concetto di liquidità. Abbiamo anche osservato che la liquidità è una funzione del denaro in cui si rispecchia l’agire dell’opinione pubblica sulla molteplicità dei soggetti partecipanti all’economia dei mercati finanziari. Per funzionare in quanto leva delle scelte/decisioni degli investitori, l’opinione pubblica deve dotarsi di una convenzione o di un modello interpretativo considerato da tutti come vero, ossia dominante. Questa convenzione è prodotta dalla società stessa, si dà storicamente come forma complessiva dei rapporti sociali di produzione, di consumo, di immaginario.
La crescita fenomenale della liquidità finanziaria, che ha portato alcuni a definire la new economy come capitalismo-casinò, segnala in realtà uno spostamento dello spazio di creazione monetaria dalla banca centrale ai mercati finanziari. L’opinione pubblica, il suo agire comunicativo, ha di fatto originato quella.
domanda di liquidità che la banca centrale ha monetizzato nel corso degli anni Novanta. Infatti, l’offerta di moneta è cresciuta, sicuramente negli Stati Uniti ma non solo, indipendentemente da qualsiasi obiettivo quantitativo (pre)fissato dalle autorità monetarie centrali. È invece cresciuta in risposta all’aumento della domanda degli investitori, sia delle imprese che dei cittadini.
Sotto il profilo dell’analisi qualitativa della forma denaro lo spostamento relativo dello spazio di creazione monetaria dalla sfera della banca centrale alla sfera dei mercati finanziari (come già detto sopra, questo non significa che i mercati finanziari creano una loro moneta specifica, distinta da quella creata dalla banca centrale; significa che la banca centrale, per svolgere il suo ruolo di creatore di denaro, in ultima istanza per assicurare la circolazione dei valori, è costretta ad inseguire i movimenti dei mercati finanziari) comporta un cambiamento della natura della sovranità.
Là dove preminente è la creazione di liquidità bancaria, si ha la sovranità dello Stato nazionale. Là dove, invece, è preminente la creazione di liquidità finanziaria, si ha la sovranità dell’opinione pubblica e della convenzione socio-finanziaria che le è storicamente propria. Nel primo caso la forma denaro definisce un modo di appartenenza alla società basato sul principio di cittadinanza. Nel secondo caso, quello della liquidità finanziaria, la forma denaro definisce uno spazio di appartenenza sovranazionale, una cittadinanza globale in cui il regime d’opinione prevale sul regime rappresentativo dello Stato di diritto nazionale.

La finanziarizzazione non ha definito soltanto una fase di crescita economica, ha anche drammatizzato le condizioni di superamento della crisi. Si può sostenere che i tentativi nazionali di uscire dalla crisi economica globale contribuiscono ad approfondire le condizioni per una guerra mondiale. Questo è particolarmente vero nel caso degli Stati Uniti che nel corso del 2002 hanno introdotto misure protezionistiche (tariffe sull’importazione di acciaio, sussidi all’agricoltura) e non hanno fatto nulla per frenare l’aumento del debito pubblico. Ciò malgrado, la crisi economica non è stata per questo superata, anzi le asimmetrie tipiche del sistema monetario e finanziario internazionale, ad esempio l’uso di una moneta nazionale come il dollaro per i pagamenti internazionali oppure il divario dei tassi di interesse reali tra paesi ricchi e paesi poveri, si sono ulteriormente aggravate. In altri termini, la via nazionale alla soluzione dei problemi posti in essere da una economia ormai fortemente globalizzata, porta diritto a misure di intervento bellico, nella speranza che un nuovo modello di opinione pubblica, una nuova convenzione, emerga e permetta di ristabilire la fiducia nell’economia capitalistica.
È probabile che lo scenario che sta prendendo forma sotto l’incalzare della crisi economica e della guerra approfondisca la spaccatura all’interno del blocco dei paesi ricchi (il Nord), non tanto tra i governi europei e quello statunitense, ma tra una popolazione sempre più apolide e un modello socio-economico che non è più in grado di creare consenso. La finanziarizzazione ha attivato forme di denaro fondate sull’agire dell’opinione pubblica, un denaro linguistico perché espressione di un modo di produrre ricchezza in cui la comunicazione svolge un ruolo sempre più determinante. Il divenire linguistico-comunicativo del denaro è ciò che ha maggiormente contribuito al successo della new economy, come pure alla sua crisi. Il denaro ha sempre avuto la funzione di fare astrazione dalle differenze concrete tra i corpi e i valori d’uso delle merci, ma quando l’astrazione ha bisogno della voce per poter funzionare, allora la voce rivela senza mediazioni i bisogni e gli interessi concreti della molteplicità dei soggetti.

Tratto dall'articolo "Il denaro che parla" di Christian Marazzi 
(da «Inoltre», a. V, n. 6, inverno 2002, pp. 9-19)